martedì 16 ottobre 2012

BENEDETTO XVI

 
Per i divorziati e per i matrimoni civili la posizione di Benedetto sedicesimo rimane intransigente
Il pontefice in vista a Sarkozy ha ribadito che le leggi della chiesa non si cambiano
«La Chiesa conserva il principio dell’indissolubilità del matrimonio»
 «Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime»

Lourdes (Francia).
I divorziati non possono avvicinarsi ai sacramenti. È la legge della Chiesa cattolica a proibirlo. Un colpo durissimo ai milioni di divorziati che, negli ultimi tempi, pensavano a una apertura della Chiesa nei confronti di coloro che hanno visto fallire il loro matrimonio. Papa Ratzinger ha ribadito con chiarezza il suo “no” alla comunione e a forme di “benedizione” in chiesa delle seconde nozze per i divorziati risposati. È una presa di posizione che ha colpito e fatto discutere quella di Benedetto XVI.
Ancora di più perché pronunciata in Francia, Paese il cui presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, che ha calorosamente accolto il Papa a Parigi insieme con la seconda moglie Carla Bruni, si trova in questa condizione di divorziato risposato.
Il Pontefice ha voluto essere chiaro nell’importante discorso tenuto a Lourdes, per celebrare il centocinquantesimo anniversario delle apparizioni mariane, davanti a tutti i vescovi francesi, poiché proprio in Francia si sta diffondendo l’abitudine di riammettere al sacramento dell’eucaristia i divorziati risposati e di celebrare “benedizioni” delle seconde nozze. Le parole di Papa Ratzinger, che si è limitato a ricordare la dottrina cattolica sull’argomento, hanno quindi deluso chi si aspettava qualche apertura da parte della Chiesa su questa delicata materia che riguarda un numero crescente di fedeli. Ma partiamo innanzitutto dalle esatte espressioni usate da Benedetto XVI a Lourdes: «Sappiamo che la coppia e la famiglia affrontano oggi vere burrasche», ha detto il Papa. «I fattori che hanno generato questa crisi sono ben conosciuti e non mi soffermerò perciò a elencarli.
Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la natura della famiglia come cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello cui l’impegno coniugale mira».   
La grandezza del matrimonio
Poi, ha ricordato: «La famiglia è lo zoccolo solido sul quale poggia l’intera società» e anche «la cellula viva della Chiesa».
Il Papa ha proseguito spiegando: «La Chiesa vuole restare
indefettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo fondatore, il nostro mastro e Signore Gesù Cristo. Essa non cessa di ripetere con Lui: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non lo separi!”.
La Chiesa non si è data da sola questa missione: l’ha ricevuta». Poi Ratzinger ha continuato riconoscendo le situazioni difficili di molti matrimoni: «Nessuno può negare l’esistenza di prove, a volte molto dolorose, che certi focolari attraversano.      
Sarà necessario accompagnare le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio e incoraggiarle a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi di vita che Egli ci ha dato».
Quindi Benedetto XVI ha affrontato direttamente la «questione particolarmente dolorosa» dei divorziati risposati. «La Chiesa», ha detto il Papa «che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne, che per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo.
Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime». Come si vede, nessun cambiamento rispetto alle norme stabilite: il Papa si rende ben conto del problema e della sofferenza di chi vive questa situazione, ma spiega che lui stesso e la Chiesa tutta non hanno il diritto di cambiare perché quello dell’indissolubilità del matrimonio è un comando che risale direttamente a Gesù.      
Per loro niente sacramenti
Solo in Italia sono centinaia di migliaia e nel mondo sono milioni i divorziati che, dopo il naufragio della prima unione e la separazione, hanno contratto un nuovo matrimonio civile. Molti di loro sono fedeli cattolici, che soffrono per l’impossibilità di accostarsi all’eucaristia e si sentono trattati come cattolici di serie B. Il fenomeno è in costante crescita, come mostrano le ultime statistiche disponibili del nostro Paese: nel 2005 le separazioni sono state ottantaduemilacentonovantuno e i divorzi quarantasettemilatrentasei. Entrambi i fenomeni sono aumentati nell’ultimo decennio: dal 1995 le separazioni hanno avuto un incremento del 57,3 per cento e i divorzi del 74 per cento. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento di separazione è di quattordici anni. Tuttavia più di un quinto delle separazioni proviene da matrimoni di durata inferiore ai sei anni. Di fronte al diffondersi di separazioni e divorzi, che documentano una crescete fragilità della famiglia, la Chiesa ha cercato una risposta. Già al Sinodo dei vescovi di tre anni fa, dedicato proprio all’eucaristia, il vescovo coadiutore di Port et Paix (Haiti), Pierre-Antonie Paulo, aveva detto: «Dobbiamo chiederci se in particolari casi, così come già avviene per alcuni peccatori, non si possa dare l’eucaristia anche a chi non è nella piena comunione», come i divorziati risposati. Ma poi il Sinodo aveva deciso di non cambiare nulla. L’ultima presa di posizione, in ordine di tempo, era stata quella del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, che, qualche mese fa, aveva pubblicato una lettera pastorale dedicata agli “sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione”, intitolata Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito. Il cardinale Tettamanzi non aveva ipotizzato né auspicato modifiche alla dottrina tradizionale cattolica ma aveva mostrato comprensione e misericordia, invitando la comunità cristiana a non fare sentire queste persone come escluse. “Per la Chiesa e per me vescovo”, scriveva il cardinale “siete sorelle e fratelli amati e desiderati”. Spesso infatti i separati o i divorziati, soprattutto quelli che hanno dato vita ad una nuova unione, si sentono giudicati e “condannati” dalla Chiesa, proprio a causa della loro esclusione dalla comunione eucaristica. Si sentono esclusi dalla vita delle comunità cristiane, guardati di traverso.
La Chiesa non vi ha dimenticato”
Insomma, giudicati male. Per questo Tettamanzi aveva voluto manifestare tutta la vicinanza della Chiesa a quanti si trovano in questa dolorosa condizione, anche a quanti, dopo un divorzio, hanno formato nuove unioni. L’arcivescovo riconosceva: “Questi divorziati hanno fatto esperienza di qualche durezza nel rapporto con la realtà ecclesiale: non si sono sentiti compresi in una situazione già difficile e dolorosa talvolta hanno sentito pronunciare parole che avevano il sapore di un giudizio senza misericordia o di una condanna senza appello”. Per questo affermava: “La Chiesa non vi ha dimenticato!
Tanto meno vi rifiuta o vi considera indegni”. Riconosceva poi: “La fine di un rapporto sponsale per la maggior parte di voi non è stata decisione presa con facilità, tanto meno con leggerezza”.
Inoltre il cardinale non nascondeva che quello della separazione in alcuni casi appare un esito che si può anche evitare. “Anche la Chiesa sa”, aveva scritto Tettamanzi “che può essere addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, per evitare traumi più profondi”.   
“L’amore sponsale è indissolubile”
Il cardinale affrontava poi direttamente il tema delicato e controverso dell’esclusione dell’eucaristia, spiegando che la Chiesa non scomunica i divorziati né mette alla porta i separati. La comunione a quanti formano una nuova unione dopo il divorzio viene negata, spiegava Tettamanzi: “Perché nell’eucaristia abbiamo il segno dell’amore sponsale indissolubile di Cristo per noi; un amore, questo, che viene oggettivamente contraddetto dal ‘segno infranto’ di sposi che hanno chiuso una esperienza matrimoniale e vivono un secondo legame”. Va ribadito con forza che l’esclusione dell’eucaristia non riguarda i coniugi in crisi o separati e lo stesso vale anche per chi ha dovuto subire ingiustamente il divorzio, ma considera il matrimonio celebrato religiosamente come l’unico della propria vita. L’esclusione vale infatti soltanto per chi è separato ponendo fine a un matrimonio religioso e ora ha dato vita a una nuova unione, convivenza di fatto o nuovo matrimonio.   
Le parole pronunciate da Benedetto XVI a Lourdes sono diverse da quelle del cardinale Tettamanzi? Assolutamente no. Sia il Papa sia l’arcivescovo di Milano spiegano che la Chiesa non può cambiare la sua dottrina. Sia il Papa sia il cardinale affermano che bisogna aiutare, accogliere, sostenere quanti vivono queste situazioni e soffrono per l’essere esclusi dall’eucaristia.

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