Tra i quattro vangeli quello che una tradizione molto antica attribuisce a Luca è il più lungo. Ciò viene senza dubbio da quella volontà di completezza da lui stesso dichiarata nel prologo dove dice di non essere stato testimone oculare di ciò che Gesù ha fatto e detto, ma di essersi informato con cura presso coloro che lo erano stati. Il fatto che circa un terzo del materiale contenuto nel suo vangelo non si trovi in nessuno degli altri tre è da solo un buon testimone dell’ampiezza della sua ricerca su Gesù. In questo terzo proprio Luca vi sono pagine molto conosciute dal popolo cristiano, come la parabola del figliol prodigo o del buon Samaritano, e ancora di più il racconto dell’annuncio dell’angelo alla vergine Maria, della visita ad Elisabetta e gli altri eventi che hanno dato origine ai misteriosi gaudiosi del Rosario.
Nell’alto medioevo, per periodo della controversia orientale della venerazione delle icone, nacque la leggenda di Luca pittore. Ho sempre trovato molto bello questo tratto della leggenda. In realtà ciascuno degli Evangelisti ha scelto alcuni episodi, scartandone altri, e danno valore a questo o a quell’aspetto. Così leggendo il vangelo, il volto di Gesù si disegna da solo sotto i nostri occhi, se dentro di noi c’è appena un po’ di sensibilità. Non si tratta di idee, ma del fascino di una persona viva. Luca non ha conosciuto il Gesù della storia, ma lo rappresentato con non minore vivezza da chi l’aveva conosciuto di persona. Perché per lui era una persona viva, , che proprio perché viva aveva cambiato la sua vita. Questo, del cambiamento, è l’augurio che la chiesa rivolge a chi apre le pagine del vangelo.
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