mercoledì 17 ottobre 2012

CARCIOFO

Un fiore antico che tra le spine nasconde un cuore dolce e tenero
Il più raffinato ortaggio dell’inverno appartenente alla famiglia dei cardi, coltivato e apprezzato fin dai tempi dei Romani che lo gustavano sotto forma di salsa.

Proibiti alle donne

Dai tempi dei Romani, fino al XVII secolo era proibito alle donne di costumi morigerati gustare i carciofi perché considerati afrodisiaci. Sicuramente, invece, poiché erano merce assai rara, parlarne male, consentiva di limitarne il consumo solo ai ricchi che se lo potevano permettere.
Oltre a essere molto buoni, i carciofi (che sono il fiore della pianta) sono anche molto decorativi. Se non vengono colti in boccio, si trasformano in fiori di un bel colore azzurro-violetto con un cuore che sembra un setoso piumino.
E' un fiore coltivato nella zona mediterranea; diverse sono le qualità note: mammola Romana, violetto Toscano e spinoso della Sardegna o della Riviera Ligure, questi ultimi sono i più insidiosi da pulire ma anche i più gustosi.
Appena puliti si devono immergere in acqua fredda e succo di limone per evitare che si possano ossidare.
Per farne una buona insalata basta affettarli, condire con sale, pepe, succo di limone ed olio. Il carciofo può essere fritto, stufato, lessato, ripieno in frittata farcito, salse, flan, ecc., risulterà sempre molto apprezzato. Il carciofo non vuole il vino,
quindi un problema in più per il sommelier addetto agli abbinamenti con il cibo.

Qualche consiglio per comprarli e cucinarli bene

Prima di tutto devono avere il gambo lungo perché significa freschezza: man mano che invecchia, infatti, viene accorciato. Inoltre, il gambo, opportunamente privato della scorza amara, rivela un cuore dolce e tenero. Se li mangiate crudi, in pinzimonio preparateli all’ultimo minuto. Se li tagliate a fettine, lavateli e poi spruzzateli con succo di limone per evitare che anneriscano.
Surgelati è più facile
Quando sono in piena stagione e costano meno, potete surgelarli: privateli delle foglie più dure tagliate l’eventuale “barba” all’interno, divideteli a metà, sbollentateli, per quattro o cinque minuti, in acqua acidulata con il limone, lasciateli colare e asciugateli a testa in giù, quindi riponeteli in sacchetti da frigo e surgelateli.

Dalla medicina popolare alla dietetica

Considerato nei secoli scorsi una vera e propria pianta officinale (si utilizzava per curare itterizia, intossicazioni, reumatismi) oggi, il carciofo, grazie al basso contenuto calorico (22 calorie ogni 100 gr), alla ricchezza di fibre e ai sali minerali, è diventato un ortaggio preziosi per l’alimentazione moderna.
Proprietà: Ipocolesterelomizzanti, protettivo del fegato, depurative
Preparato: tintura madre, compresse.
ALIMENTO 100 G DI PARTE EDIBILE
ACQUA
ZUCCHERI
FIBRE
PROTEINE  
POTASSIO
GRASSI  
CARBOIDRATI
VITAMINE IN PICCOLE QUANTITA’

84
-
1,1
2,7
22
0,2
2,5


Il carciofo
Versatile e depurativo
Il carciofo è considerato tradizionalmente una pinta depurativa, vera panacea per fegato, reni, intestino. Il merito è soprattutto della cinarina, il principio attivo contenuto nella foglie e nel succo della pianta, dal sapore amaro. La cinarina ha numerosi effetti positivi sull’organismo: svolge un’azione benefica sulla secrezione biliare, favorisce la diuresi renale e regolarizza le funzioni intestinali, è tonico, stimola il fegato, è sedativo della tosse, contribuisce a purificare il sangue e disintossica.
Purtroppo la maggior parte si trova nelle foglie che in genere vengono eliminate se l’ortaggio è consumato crudo, mentre la cottura ne vanifica l’effetto. In misura minore il principio attivo è contenuto in tutte le altre parti del carciofo,
ricche peraltro di vitamine e Sali minerali.
Calcio e fibre
L’analisi della composizione nutrizionale conferma che il carciofo fornisce molto calcio (86 mg su 100 G) e ferro, contiene acido folico, acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici. E poi apporta Sali minerali come manganese, potassio ne fosforo, vitamine (A, B1, B2, C, PP) e molte fibre che lo rendono nutriente, digeribile ma con un basso apporto calorico. Insomma, un ortaggio tipicamente italiano facilmente digeribile e perfetto per depurarsi nella stagione primaverile.
Cottura semplice
Per poter sfruttare al massimo i nutrienti apportati dal carciofo, è bene prestare attenzione alla cottura, utilizzando ricette semplici e comunque gustose.
In una pentola a doppio fondo
Pulire i carciofi, tagliarli in piccole porzioni e mettere a cuocere in una pentola a doppio fondo (che non richiede condimenti) chiusa con il coperchio.
Dopo 20 minuti spegnere e lasciare a riposo per un’ora senza togliere il coperchio.
In pinzimonio o crudi
Lavare, asciugare e tagliare a pezzettini il cuore e le parti più tenere dei carciofi. Poi condire con l’olio, sale e limone (e, se piace, qualche fogliolina di menta).
Lessatura
Pulire, lavare e tagliare a fettine sottili i carciofi. Farli cuocere in poca acqua, quindi condire con olio, sale e limone.
Come sceglierlo
Al momento dell’acquisto prestare attenzione che l’ortaggio sia sodo, con il gambo duro senza parti molli o ingiallite, privo di macchie, peluria o ammaccature.
Prediligere i carciofi più piccoli e con le foglie verdi scure e le punte ben chiuse. Le foglie attaccate al gambo devono essere fresche.
Se si desidera un carciofo senza spine (da consumare preferibilmente cotto) bisogna chiedere quello romanesco o “mammola” di colore verde, quello di Catania o il campano.
Gli spinosi (deliziosi anche crudi) sono invece i verdi della Liguria e di Palermo e i violetti di Venezia, Chioggia, Toscana e Sardegna.
Pulizia
Per prima cosa eliminare il gambo quasi completamente (lasciare 4 centimetri dalla base) e pulire la scorza fibrosa e i filamenti. Quindi togliere le foglie esterne più dure e la punta con le spine. Aprirlo a metà e, con uno scavino a cucchiaio, asportare il fieno all’interno.
Durante la pulitura e fino al momento di cucinarlo deve rimanere immerso nell’acqua acidulata con succo di limone altrimenti annerisce.
Per conservarlo
Il carciofo fresco quando ha il gambo ancora lungo può essere conservato nell’acqua come si fa con i fiori.
Se si preferisce si può mettere in frigo dove si potrà tenere al massimo per una settimana (5-6 giorni) avendo cura di togliere le foglie esterne più dure e il gambo e, dopo averlo lavato e asciugato, di metterlo in un sacchetto di plastica o in un contenitore a chiusura ermetica.
Infine è anche possibile congerarlo
Si pulisce e si fa sbollentare in acqua acidulata con succo di limone; quindi si lascia raffreddare e si mette nel congelatore.
La foto è stata scattata a Follina da Trocciola.
Per sfruttare al massimo le potenzialità della cinarina nelle foglie, è possibile preparare un decotto di foglie di carciofo, amarissimo, ma ottimo per la salute. Il decotto è adatto anche per impacchi e lavaggi per la pulizia della pelle del volto. 
Piccolo sott’olio
Ingredienti per 4 persone
2 kg di carciofini piccoli e teneri.
1 l di aceto di vino bianco
Un cucchiaio di chiodi di garofano
Pepe in grani (una manciata)
Alcune foglie di alloro
Due limoni
Olio d’oliva
Sale q.b.
preparazione
pulire i carciofi come descritto. Strofinare i cuori con il limone tagliato a metà, quindi lasciarli a bagno in una terrina con acqua acidulata con succo di limone. In una pentola d’acciaio far bollire un litro d’acqua con un litro di aceto, quindi salare e far cuocere i carciofi a fiamma moderata per circa otto minuti. Quando sono lessati, scolarli, strizzarli a asciugarli con un canovaccio, quindi riporli in vasi di vetro. Aggiungere i grani di pepe, i chiodi di garofano e le foglie di alloro. Versare nei vasi l’olio di oliva fino a coprire i carciofi e poi chiudere ermeticamente i recipienti. Far riposare le conserve in luogo buio e asciutto per alcuni giorni. Poi aprire i vasi e aggiungere altro olio per compensare quello già assorbito facendo in modo che i carciofi siano sempre coperti.
Si conservano al massimo per un anno.
«Inspiegabilmente il carciofo è diventato sinonimo di persona sciocca. In realtà, è ottimo, fa bene al fegato, favorisce la digestione e ha proprietà disintossicanti»
Un  mito greco racconta che Zeus si era invaghito di una dolce ninfa dai lunghissimi capelli color viola-cenere chiamata Cynara. Incantato dal suo fascino volle conquistarla, ma lei – innamorata di un  pastorello – lo rifiutò. Zeus andò in collera e la punì trasformandola in un fiore, dal colore verde-violaceo, che aveva petali duri come una corazza. Non ancora soddisfatto della sua vendetta, Zeus fece nascere sopra ogni foglia una spina, per far sì che nessuno potesse toccare la donna che aveva osato rifiutarlo.
Da questo antico mito ha origine il nome botanico del carciofo. Cynara scolymus o cardunculus, che significa appunto “cinereo”, come i capelli della ninfa, e “pungente” come le spine che Zeus volle aggiungere alle sue foglie. Spinosi sono, ad esempio, i carciofi della Liguria, della Sardegna e anche della Spagna; e violacei quelli della Tosca, dove furono introdotti nel 1466 da Filippo Strozzi che vi aveva importato i semi dal Regno di Napoli. nella città partenopea, così come quasi in tutto il Mediterraneo, furono portati dagli Arabi, che chiamavano il carciofo kharshuf, da cui deriva il nome attuale. Ma si racconta che gli dei dell’antica Roma decisero di creare un carciofo diverso: un po’ grassoccio,on piccole spine e tondo come un cavolo. Sono i bellissimi carciofi “romaneschi” che, all’interno della loro folta massa di foglie coriacee, nascondono un cuore tenero e saporitissimo come la Città Eterna, piena di mille contraddizioni, la bella pacioccona Roma che il 21 aprile celebra la sua nascita risalente al 753 a.C.
I carciofi romaneschi, detti anche “mamme” o “mammole”, sono il simbolo del Lazio vegetale,  dove sono protagonisti di feste e sagre proprio il mese di aprile. Hanno poco scarto e sono i più adatti per essere cucinati ripieni, specialmente i cosiddetti “cimaroli”: con un capolino centrale più tenero e le foglie più serrate, sono i più ricercati e i più costosi.  I romaneschi erano già celebri nel 1581 quando Michel De Montaigne, narrando il suo viaggio alla Città Eterna, scriveva:
«Ah…! Allora avevano a Roma rose e carciofi…». D’altronde da secoli la provincia di Roma occupa il primo posto nella coltivazione di carciofi e, oggi, quello romanesco viene considerato il “re”. Cresce rigoglioso da Civitavecchia a Tarquinia, da Maccarese ad Aprilia, da Fossanova a Priverno. Ma, soprattutto, sono squisiti quelli di Sezze e di Ladispoli da cui provengono i protagonisti della cucina giudeo-romanesca: i celebri “Carciofi alla Giudia”, che si consumano tradizionalmente per la Festa del Kippùr (Giorno dell’espiazione) e che devono essere preparati con i “cimaroli” più grossi, tondi, teneri e freschissimi a cui vengono tolte le prime foglie. Se la cottura riesce, verranno serviti come fossero grandi fiori dorati e croccanti. Lo ha detto in versi anche un poeta romano, svelando il segreto finale della ricetta: «A cottura ultimata troveremo/che il carciofo somiglia a un crisantemo/dalla corolla tonda e spampanata;/allora con la mano/spruzzeremo – tenendoci lontano -/sopra l’olio bollente, l’acqua gelata/e il carciofo nell’olio scoppiettante/presto diverrà d’oro croccante.  
Le “mammole” romanesche divennero talmente celebri che, a partire dal Settecento erano persino citate nelle guide di viaggio. In una del 1825 dedicata “ai Signori Ministri diplomatici accreditati presso la S. Sede e ai signori visitatori eccellenti d Roma”, vi è scritto. «A Roma i carciofi sono aperitivi, provocano i sudori; purificano la massa del sangue; convengono né tempi freddi ai vecchi e ai temperamenti flemmatici; ma svelano indebitamente gli ardori di Venere ai non coniugati…».
Ad ogni modo, i carciofi, oltre alla bontà e al sapore, sono ricchi di proprietà nutritive, non ingrassano e, mangiati crudi, sono un toccasana per le malattie del fegato: vengono, infatti, consigliati sia per le varie di epatite, sia per la dermatosi epatica. D’altronde contengono una sostanza, la cinarina, che agisce sullo stomaco predisponendo gli alimenti destinati alle vie biliari. L’intervento della cinarina fa sì che il fegato non si affatichi e che la cistifellea evacui la bile. Spiegabilmente, però, il carciofo è diventato anche sinonimo di persona sciocca. Mentre, per la sua forma tonda e corta, allude un naso grosso e deformato: ‘na carcioffola si dice a Napoli dove, d’atra parte, in una celebre canzone napoletana del 1894 di Salvatore Di Giacomo, la madre dispensa consigli alla figliola in cerca di marito, definendola nel ritornello buona come un carciofo:
«Che bona figliola! Carcioffolà!...». Da non dimenticare la cosiddetta “politica del carciofo”, ossia l’arte di impradonirsi di una cosa o di una situazione pezzo per pezzo, foglia per foglia, appunto. Ci provò a suo tempo Carlo Emanuele I, duca di Savoia, che disse: «L’Italia è come un carciofo che occorre mangiare foglia per foglia».

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