Sapore di castagne
Buone e benefiche le castagne… Sono molto ricche di vitamina B e, grazie al loro contenuto in carboidrati, danno una carica energetica utilissima in inverno, con un apporto calorico meno importante di quello che si pensa (200 calorie per 100 grammi ). In più le castagne sono versatili: bollite con acqua e sale sono digeribilissime e adatte a tutti. Come caldarroste acquistano un gusto intenso. Condite e aromatizzate diventano squisiti marrons glacés da consumare come dolce. Essiccate e cotte nel latte si prestano a dolci minestrine che saziano le più golose e nostalgiche di sapori antichi.
Il tempo delle castagne
Ecco tre fra le decine di sagre che celebrano un frutto una volta da poveri, ora simbolo di allegria
A ottobre il profumo delle caldarroste riempie l’aria. Altro che polveri sottili. Allora via per un pieno di castagne e castagnacci, cibi gustosissimi, riscattati negli ultimi decenni da un passato secolare in cui hanno rappresentato la povera fonte di sostentamento per intere popolazioni dell’Appennino, ed oggi simbolo unicamente di allegre atmosfere autunnali, come sagre, feste e tante golosità. I frutti migliori?? Le “bionde” dei Colli piacentini, i “marroni” del Mugello (Firenze) e le “rosse” del Partenio (Avellino). Visitare questi luoghi è un’ottima occasione per appuntamenti imperdibili tra storia, natura, sapori genuini e tradizioni dimenticate.
La castagne abbondano nei boschi attorno a Castell’Arquato.
Toscana
Sigillo europeo per il Marron Buono
La locale castagna del Mugello, il Marron Buono, gode del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) della Unione Europea. Marradi (SS.302, tra Firenze e Faenza) lo celebra tutti i weekend di ottobre con la Sagra delle castagne e un percorso turistico dedicato (www.stradadelmarrone.it). In auto, si percorrono le provinciali tra l’Alpe di San Benedetto e il Senio, tra castagneti e ruderi sperduti. In alternativa c’è un treno a vapore, con carrozze d’epoca, che parte la domenica da Bologna, Firenze, Faenza e Rimini (Ag, Sabrina, tel. 055.40311; Ag, Palumbo, tel. 0546.22177). la Sagra di Marradi propone stand gastronomici con specialità tipiche – ballotte bruciate, migliacci – oltre ad artisti di strada e musici itineranti. Per una cucina eccezionale: Ristorante La Colombaia (tel. 055.8045290) Palazzuolo sul Senio, a 12 km , ospita invece il “Museo delle genti di montagna”, con un antico mulino per la macina della farina di castagne. Anche qui, tutti i weekend, “Sagra del Marrone e dei frutti del sottobosco” (tel. 055.8043125).
Fra le perle di Marradi c’è anche il piccolo Teatro degli Animosi. Nelle domeniche di ottobre, il Mugello è raggiungibile con un antico treno a vapore.
Emilia-Romagna
Boschi adesso, balene cinque milioni di anni fa
A Castell’Arquato, splendido borgo medioevale affacciato sui primi colli piacentini, assieme a caldarroste e “patona” (tipico castagnaccio), trovano posto per la Festa delle castagne anche gare di trattori d’epoca, mostra di marionette meccaniche, rievocazione di antichi lavori contadini (come la pigiatura dell’uva coi piedi), giochi di una volta e degustazioni di prodotti tipici locali. L’evento è organizzato dall’Avis (l’Associazione dei volontari italiani donatori di sangue) in collaborazione con il Club Piacentino Autoveicoli d’epoca (www.festadellecastagne.it). La visita naturalmente non può prescindere dalla scenografica Rocca fatta costruire al colle da Luchino Visconti (1347), con l’antistante Palazzo Pretorio e la Collegiata romantica. Ed è sorprendente sapere che 5 milioni di anni fa qui ci fosse solo mare, popolato da balene. Resti di queste creature si possono infatti ammirare presso il Museo geologico (tel. 0523.8030914). Castell’Arquato si raggiunge in dieci minuti dall’uscita A1 di Fiorenziola. Lungo la strada, si faccia un salto all’Abbazia di Vigolo Marchese, del mille. L’ultimo weekend di ottobre la festa si sposta a Lugagnano, a 5 km , famosa per i fantastici calanchi di Monte Giogo (gole, guglie, affioramenti rocciosi). La Fiera Fredda 47° Sagra delle castagne, prevede qui stand gastronomici, concerti, mostre e vetrine d’autunno (tel. 0523.329324).
Il battistero di Vigolo Marchese, vecchio di mille anni.
La torre longobarda dell’XI secolo domina Summonte. Le escursioni guidate nei castagneti prevedono soste per la libera raccolta dei frutti.
Campania i generosi ricci dell’Irpinia
Summonte, 10 km dal centro di Avellino (uscita A16 Avellino Ovest), un magnifico panorama sui monti del Parco Regionale del Partenio, non è soltanto regno del castagno. Nella piazza principale incombe uno dei tigli più vecchi d’Italia – 250 anni, 8 metri di circonferenza, 34 di altezza – mentre sulla sommità del paese svetta ciò che resta di un maniero longobardo dell’XI secolo. In questo suggestivo scenario, la seconda domenica di ottobre si svolge la sagra della Castagna del Partenio (www.lasagradellacastagna.it). Un simpatico zibaldone di stand, caldarroste, dolci a base di castagnaccio – tra cui ricci, tronchi, costate, tartufi, millefoglie, montebianchi, cannoli – e poi gnocchi, cotechini, salsicce, vino aglianico doc, musica, canti, balli, artigianato. Prevista anche un’escursione guidata ai castagneti con sosta per consentire ai visitatori la libera raccolta delle castagne. Ripresa l’auto, in pochi chilometri di curve si raggiunge Ospedaletto, patria del torrone tradizionale.
Il Ristorante “La Castagna ”, tel. 0825.691047, con terrazzo tra i castagni, è quasi una sosta d’obbligo. Oltre, ci si arrampica fino all’imponente Santuario di Montevergine (XII secolo), con numerose opera d’arte, biblioteca ricca di oltre 7000 pergamene e farmacia settecentesca dai tipici liquori benedettini. Sono 15 chilometri di tornanti, o 7 minuti di funivia (tel. 0825.72.924, apertura al pubblico dalle 6,30 alle 20).
Un frutto che ha ispirato pittori e poeti…
Sopra, “L’autunno”, del pittore milanese Arcimboldo. La bocca paffuta e il labbro ispido del soggetto del quadro sono rappresentati da una castagna ed il suo riccio. Qui sotto, altri due capolavori dell’arte: “Castagni” di Cézanne, e “Viale di Castagni” di Sisley.
L’antico sapore delle castagne
L’Italia ha il primato della produzione in Europa con circa ottocentomila ettari di castagneti. In Campania si coltiva un terzo dell’intera produzione nazionale di questo frutto atipico che ha numerose proprietà antianemiche, energetiche, toniche e antisettiche
Frutto fortunato dell’iconografia, soggetto e ispirazione di tante opere, pittoriche e n: la castagna, anzi meglio il castagno, oltre che a comparire in dipinti di Alfred Sisley Viale di castagni, Koloman Moser Fiori di Castagno e nel più celebre Castagni di Paul Cézanne, troneggia in versi delle più disparate epoche. Il castagno è una pianta antichissima, presente allo stato selvatico nella zona mediterranea fin dai tempi preistorici. Era diffusa in alcune località dell’Asia Minore, dalla costa settentrionale della Turchia, in Grecia, Algeria, nella penisola balcanica, in Austria fino ai Carpazi. Mentre tracce fossili se ne trovano in Germania, Inghilterra e Svezia dove però, quasi certamente, fu importata dall’uomo. Primato italiano, la sua diffusione con la maggior superficie di castagneti in Europa (circa 800 mila ettari). La più alta concentrazione è in Campania dove si coltiva circa un terzo del’intera produzione nazionale. Qualcuno, a questo punto, si domanderà: che differenza c’è tra una castagna e un marrone?
Presto detto: è il frutto dell’albero selvatico e il secondo di quello coltivato con caratteristiche standardizzate. È bene sapere che le castagne sono un frutto atipico, ricco di carboidrati complessi (amido) come i cereali. Una buona fonte di fibre, potassio e vitamine del gruppo B: soprattutto B1 e B6. Una volta cotte, parte dell’amido si trasforma in zuccheri semplici che danno la loro tipica dolcezza. Le castagne sono indicate per astenie, anemia, stitichezza ed emorroidi, non contano le ormai note proprietà antianemiche, toniche e antisettiche. Non a caso, per centinaia d’anni, hanno rappresentato la principale fonte alimentare di molte popolazioni durante l’autunno e i lunghi inverni. A riprova, il verso di Giovanni Pascoli: «Tu, pio castagno, solo tu, l’assai doni al villano che non ha il sole: tu solo il chicco, il buon di più, tu dai alla sua prole» (Il Castagno, da Myricae). Altri grandi pensatori cantarono le prerogative della castagna: Marziale (40 a .C.), secondo cui nessuna città poteva gareggiare con Napoli nell’arrostire le castagne, o Virgilio, che le ricordava cucinate col latte e mangiate con formaggio. Di marrons glacés si iniziò a parlare nel ‘700, leccornia immancabile nei banchetti dei nobili e più recentemente per l’usanza di offrirli la notte di Capodanno come augurio di felicità e abbondanza.
Tipicamente autunnali, le castagne cadono spontaneamente e, nei mesi che vanno da settembre a dicembre, vengono raccolte addirittura due volte al giorno. Occhi se avete intenzione di acquistarle: che siano sode e dal guscio turgido, che non deve cedere se premuto con le dita. Ricordate che quelle piccole sono più adatte alla bollitura mentre le medie e le grandi da arrostire. C’è una leggenda che ha a che fare col nostro Meridione. Tradizione popolare vuole che sotto le fonde di un maestoso castagno trovasse rifugio la regina Giovanna d’Aragona e i suoi cento cavalieri. Di lì il nome di Castagno dei Cento Cavalli all’albero poderoso tuttora visibile sulla provinciale siciliana che da Sant’Alfio va a Linguaglossa e che, secondo il botanico Payronal, ha tra i 3 e i 4 mila anni: il più antico d’Europa e più vecchio d’Italia. Una leggenda, questa della regina e del suo esercito, che non sfuggì al poeta siciliano Giuseppe Borrello (1820-1894) che scrisse così: «Un piede di castagna tanto grosso / che con i rami forma un ombrello / sotto il quale riparò dalla pioggia, dai fulmini e dalle saette / la regina Giovanna con cento cavalieri / quando per visitare Mongibello venne sorpresa dal temporale. Da allora si chiamò quest’albero situato entro una valle / il gran castagno dei cento cavalli».
Altra citazione, stesso albero, per il sonetto di Giuseppe Villaroel (1889-1965): «Dal tronco, enorme torre millenaria, / i verdi rami in folli ondeggianti, / sotto l’amplesso querulo dei venti, / svettano ne l’ampiezza alta dell’aria». E dalle note lascive del Villaroel alla concretezza di Gianni Rodari, è la castagna a farla da padrona: «Un signore di Scandicci / buttava le castagne / e mangiava i ricci. Un suo amico di Lastra a Signa / buttava i pinoli / e mangiava la pigna. Un suo cugino di Prato / mangiava la carta stagnola / e buttava i cioccolato. Tanta gente non lo sa / e dunque non se ne cruccia: la vita la butta via / e mangia soltanto la buccia».
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