martedì 16 ottobre 2012

BRASILE

Il Brasile si chiama così perché vi abbonda il brèsil, un albero dal legno rosso. Ma il suo primo vero nome fu isola di Vera Cruz
Capitale Brasilia
Popolazione: 178.000.000 circa
Reddito medio annuo: 6.280 euro circa
Il Brasile si chiama così perché vi abbonda il brèsil, un albero dal legno rosso.
Ma il suo primo nome fu Isola di Vera Cruz
Segnali di guerra
Nel 2007 in Brasile sono stati uccisi 76 indios, la maggior parte nel Mato Grosso do Sul, la regione dove vivono confinati in riserve. Gli indios guarnì sono un popolo nomade ma non possono spostarsi. Le terre che erano state loro promesse fanno gola ai latifondisti interessati solo alla coltivazione della canna da zucchero, simbolo del nuovo business del biocombustibile.
Il nuovo presidente del Brasile
Da Lula a Dilma
Il 1° gennaio del prossimo anno si insedia, al Palacio di Planalto di Brasilia, il primo presidente donna della storia del Brasile, Dilma Roussef. La presenza di tanti Capi di Stati e di Governo testimonierà visivamente il peso che il Paese ha raggiunto anche sul piano internazionale. Dilma riceverà dalle mani di Luiz Inacio Lula da Silva, conosciuto più comunemente come Lula, il presidente-operaio che ha propiziato con i suoi due mandati consecutivi il “miracolo economico e sociale” dell’immenso Paese. E che di Dilma è stato il padre politico e il principale sostegno, con la sua fortissima popolarità, durante la campagna elettorale dello scorso ottobre, combattuta costantemente al suo fianco per lanciarla, l’aveva chiamata a dirigere la Casa Civil, che coordina i rapporti tra presidente e governo, come dire che ne aveva fatto la sua più stretta collaboratrice.   
Dilma Roussef, 62 anni, ha avuto un passato all’opposizione durante i vent’anni di dittatura militare che il Brasile ha conosciuto dal 1964 al 1984.
Nata da un immigrato bulgaro che aveva fatto fortuna, educata nelle migliori scuole, il suo passaggio da una militanza politica nell’estrema sinistra alla lotta armata era stato quasi inarrestabile.
Un suo avvocato difensore divenne famoso con questa arringa: «Se fossimo in Italia, e la mia difesa appartenesse alle B.R., chiederei per lei il massimo della pena ma, trovandoci in Brasile, sotto una dittatura militare che ha privato i cittadini delle loro libertà, ne chiedo l’assoluzione». Dopo l’arresto fu torturata per ventidue giorni e, per la sua opposizione al regime militare, scontò tre anni di carcere. Dopo la fine della dittatura la sua scesa politica cominciò a Porto Alegre come “ministra” del governo locale per le miniere e l’energia. Il gran salto avvenne nel 2002 quando, tra la sorpresa generale, ottenne lo stesso incarico del primo governo di Lula, che fu colpito dalla sua competenza e serietà di lavoro – anche se Dilma non è mai riuscita a terminare l’università. E la definì “la compagna che gira con un computer portatile in mano”. Lula le affidò una delle tante iniziative lanciate dal suo governo, il piano “Luz para todos” che intendeva raggiungere con l’elettricità anche le più sperdute “fazendas agricole”. L’esperimento funzionò, e Dilma salì gli scalini sino al posto più vicino al presidente, quello di “ministra” della Casa Civil. Se Lula è dotato di un carisma da tutti riconosciuto – è un formidabile oratore – Dilma ha fatto politica come una tecnica, e ha dovuto imparare a tenere i comizi in una lunga campagna elettorale sotto l’egida di Lula che, difatti, le è stato il più possibile accanto.   
Anche il suo programma è la continuazione di quanto fatto da Lula. E come potrebbe essere diversamente? Negli otto anni del governo Lula, per effetto delle politiche sociali lanciater in tutte le direzioni, perr la prima volta nella storia del Brasile le classi medie sono diventate maggioritarie (46%) e 19 milioni di persone (il 10%)sono uscite dalla povertà. Ma le cose da fare restano altrettanto enormi. Una minoranza molto vasta (il 39%) questo salto non l’ha compiuto. Basta recarsi in Brasile come turisti per accorgersi delle grandi sacche di povertà ancora esistenti. E così, nel suo primo discorso da eletta, Dilma ha ripetuto che la lotta alla povertà resta al primo posto, con un specifico riferimento alle donne. La sorpresa al primo turno elettorale è stata il quasi 20% di voti riscosso dalla candidata ecologista Marina Silva, anche lei già “ministra” di Lula, ma che aveva rotto appunto  sulle “questioni verdi”. Lula ha infatti pigiato il tasto, durante il suo governo, sull’incremento economico, difendendo le colture intensive di soia e di canna da zucchero (per la produzione di etanolo) e i grandi progetti di dighe idroelettriche – come quella di Belo Monte sul rio Xingu – prestando attenzione alle critiche degli ambiante listi. Ora l’affermazione, sia pure minoritaria, della candidata ambientalista, suona un campanello d’allarme di cui Dilma dovrà tener conto. Entrando nell’area dei Paesi sviluppati, anche il Brasile dovrà confrontarsi con problemi più complessi, una volta ritenuti appannaggio dei soli “Paesi ricchi”.    
Dilma Roussef, come “presidenta”, resterà sotto la tutela di Lula?
Chi conosce il suo “caratterino” ne dubita. Già da “ministra” ha dimostrato una personalità forte, qualcuno dei suoi colleghi dice addirittura “aggressiva” in certe occasioni. Lei così si giustifica: «Non è il mio carattere a essere difficile, lo è la mia funzione. Devo risolvere problemi e conflitti». Per terminare con la battuta più significativa: «Sono una donna dura, circondata da uomini morbidi». Quanto a Lula, Dilma ha detto che ricorrerà alla sua grande esperienza ogni volta che ne avrà bisogno. Lula ha tracciato per sé un compito di “sollecitatore”: «Dal 2001 viaggerò in tutto il Paese a verificare ciò che ho fatto e se mi accorgerò di alcune mancanze andrò da Dilma a dirle: guarda, qui qualcosa non va, tu figlia mia intervieni là dove io ho sbagliato».  
Il gigante Brasile
Il Brasile è al quinto posto mondiale come estensione (quasi trenta volte quella italiana). Tutto è grandioso: possiede le più ampie riserve d’acqua dolce del pianeta, il più vasto polmone verde con il Mato Gorsso e l’Amazzonia. Altri record: è il primo esportatore mondiale di caffè, di zucchero, di pollame, di carne bovina, di succhi d’arancia,e tra i primi per la soia, l’oro e numerosi altri minerali. Dopo aver cercato invano il petrolio in Amazzonia, l’ha trovato nell’Oceano al largo di Rio de Janeiro, sotto una spessa coltre di sale, e fra qualche anno dovrebbe non solo colmare il fabbisogno nazionale ma esportarlo.
Sino a una decina di anni fa si diceva del Brasile che era un gigante sonnacchioso, ma con Lula è esploso. È salito all’ottavo posto mondiale per il Pil (Prodotto Interno Lordo, che misura la ricchezza prodotta in un anno), la crisi globale lo ha appena sfiorato, nel primo trimestre di quest’anno ha ripreso a crescere (2010) a “ritmi cinesi”, a fine anno l’incremento supererà certamente il 5%. Il real e diventato una moneta forte che si è apprezzata sia sul dollaro che sull’euro. Quando qualche decennio fa il Brasile inventò l’etanolo, un alcol prodotto dallo zucchero e usato in sostituzione della benzina, molti sorrisero pensando a un surrogato di pessima qualità. Ora anche gli Usa lo hanno adottato.       
Definita dura e aggressiva, la neo presidente, Dilma Roussef, deve tale fama alle grandi responsabilità di cui deve farsi carico: prima fra tutte la lotta contro la povertà.
Il Brasile vanta, tra gli altri, il primato di maggiore produttore e utilizzatore di etanolo, un carburante per autotrazione nato da processi di raffinazione della canna da zucchero.

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