Alexander Pichushkin Colpiva al parco
Mi è andata male: avevo deciso di uccidere almeno sessantaquattro persone, tante quante le caselle bianche e nere di una scacchiera, ma sono arrivato solo a sessantadue. Mi avete arrestato a due passi dal traguardo. Avevo la vittoria a portata di mano e voi me l’avete portata via. Ancora due caselle e avrei completato l’opera. Si, perché sono uno scacchista e ogni vittoria per me era come un trofeo da esibire sulla scacchiera. Erano rimasti due posti liberi, ma stavo per riempire anche quelli. Però un traguardo l’ho raggiunto lo stesso: ho battuto nettamente Andrei Chikatilo, il mostro di Rostov, che si era fermato a cinquantadue omicidi. Era poco più di un dilettante, se lo paragonate a me: sono stato molto, spesso più bravo di lui». Questa è l’allucinante confessione di Aleksandr Pichushkin, un serial killer che da anni terrorizzava Mosca: ubriacava le sue vittime nel paco di Bitsevsky, sud della città, e poi le massacrava. E mentre si accaniva su di loro, rideva forte. Poi andava a riempire un’altra casella della sua macabra scacchiera, scrivendoci sopra un numero. Era arrivato, appunto, al sessantadue.
«Voi non riuscite a stare senza mangiare, senza bere, e magari senza fare l’amore», ha detto ancora Puchushkin durante la confessione agli allibiti poliziotti. «A me non basta: non riesco a vivere senza uccidere. Se mi avete catturato, avrei continuato a farlo. Avrei cominciato a riempire un’altra scacchiera e poi un’altra ancora».
Parlava con voce quasi metallica, senza mai cambiare tono.
Il suo sguardo era gelido, senza espressione, perso nel vuoto: i suoi occhi sembravano un vetro dipinto. Neppure un’ombra di pentimento durante la confessione, neppure un’ombra di pentimento durante il processo che si è aperto pochi giorni fa a Mosca. È accusato di quarantanove delitti, ma si sente sminuito e assicura quasi con fierezza di averne compiuti sessantadue. Non è solo un assassino, è un mostro. Lui maledice il momento che è stato catturato, perché avrebbe voluto uccidere ancora come Andrei Chikatilo, detto anche “lo squartatore di Rostov”. Chihatilo, prima di essere catturato e fucilato nel 1994, mutilava le sue vittime e ne mangiava alcune parti: si disse che a farlo impazzire fu la cattura di suo padre da parte dei tedeschi, il rapimento di sua madre da parte di un gruppo di soldati della Wehrmacht che la violentarono davanti ai suoi occhi, ma soprattutto la morte, avvenuta anni prima di suo fratello Stepan, che fu assassinato e poi mangiato dalla folla affamata durante una gravissima carestia in Ucraina. Quella scena terrificante gli tornò per tutta la vita negli occhi, come un film dell’orrore trasmesso di continuo, al rallentatore, fino a diventare un’ossessione che lo avrebbe portato alla follia. Ma il caso di Pichushkin, ora trentenne, è diverso: ha gravi turbe mentali ma non sin dall’infanzia, un solo episodio può avere inciso negativamente sulla psiche: aveva perso i genitori ed era stato cresciuto dal nonno, con il quale il piccolo Aleksandr si era legato in modo quasi morboso, perché quell’uomo costituiva tutta la sua famiglia e quasi tutto il mondo,. Ma quando suo nonno, vedovo da molti anni, decise di risposarsi, Aleksandr provò subito una forte gelosia: ebbe l’impressione che la donna che era entrata in casa e che a lui non piaceva avesse preso il posto nel cuore dell’unica persona che lui amava. Diventò sempre più cupo e scostante, andò a vivere per conto suo, poi trovò un impiego in un supermercato della zona sud di Mosca. Il suo unico hobby era il gioco degli scacchi. La sua prima vittima, quando aveva 18 anni, fu un compagno di scuola, colpevole, pare, di avergli portato via la ragazza. Ma le altre sono state quasi tutte persone anziane: Aleksandr voleva vendicarsi, magari inconsciamente dello “sgarbo” subito dal suo nonno?
Attirava gli sconosciuti nel bosco tenendo una bottiglia di vodka in mano e l’approccio era quasi sempre lo stesso: «È appena il mio cane, gli volevo molto bene. L’ho seppellito qui vicino. Ha voglia di bere un sorso con me, accanto alla sua tomba?» Aveva l’aria di uno che soffriva davvero. Perché non stare un po’ con lui per consolarlo e intanto dividere la sua vodka? Ma poi, quando il suo compagno di bevuta era ubriaco, gli occhi di Aleksandr si indurivano, diventavano fessure e nella sua mano compariva un martello. Lo colpiva alla testa con tutta la sua forza tre, quattro volte, finché
non si accorgeva di avergli fracassato il cranio. Poi veniva preso dall’euforia, rideva forte e si metteva a correre felice per il bosco.
Sceglieva a caso le proprie vittime
La polizia, per anni brancolò nel buio: anche perché ara chiaro che le vittime era scelte a caso e tra loro non c’era alcun legame. Fu proprio Aleksandr ad aiutare volontariamente gli investigatori, per sfidarli: dopo i primi omicidi, anziché fare sparire i cadaveri gettandoli in uno scarico fognario come aveva fatto più volte, cominciò a lasciarli ai bordi di strade frequentate, perché potessero essere trovati più in fretta e più facilmente, come fosse stato preso da una mania di protagonismo: «Volevo che tutti sapessero dei miei delitti, volevo diventare famoso», dirà poi agli inquirenti. Adesso è diventato famigerato: una delle sue vittime miracolosamente sopravvissuta, lo ha denunciato e poi riconosciuto guardando il video di una telecamera di sorveglianza piazzata vicino al parco. Ed il serial killer dal 19 giugno 2006 ha avuto finalmente un nome e un volto, anche se la confessione è arrivata solo nei giorni scorsi. La polizia gli dava la caccia da quattordici anni.
Altri celebri assassini seriali del passato
A tutt’oggi sono una ventina i serial killer a piede libero e attivi in Italia: dal “Mostro di Udine”, che ha già ammazzato 16 persone, a Una bomber, che finora non ha mai ucciso, ma solo per caso.
In passato, poi, il nostro Paese ha conosciuto altri casi di assassini seriali, rimasti celebri. Eccoli:
|
1860
Antonio Boggia, 4 vittime
1873-1875
Calisto Grandi, 4 vittime
1928-1932
Cesare Serviatti, 3 vittime
1938-1940
Giorgio Vizzardelli, 5 vittime
1939-1940
Leonarda Ciaciulli, 3 vittime 1977-1984:
“Ludwig” (alias Wolfang Abel e Marco Furlan), 15 vittime
|
1883-1897
Andrea Rea, 2 vittime
1985-1992
Marco Bergamo, 5 vittime
1992-1993
Luigi Chiatti, 2 vittime
1993-1994
Gianfranco Stevanin, 6 vittime
1997-1998
Donato Bilancia, 17 vittime
2001
Michele Profeta, 2 vittime
|
Nessun commento:
Posta un commento