Caldi sempre al punto giusto
La natura ha concesso all’uomo il privilegio di mantenere stabile la propria temperatura corporea, liberandolo da vincoli geografici del clima.
Un vantaggio costoso e rigidamente controllato da un termostato inflessibile che ammette incrementi in occasioni particolari
Sapere qual è la differenza fondamentale tra una bella donna stesa al sole in una spiaggia tropicale e una lucertola immobile tra i fili d’erba del selciato del cortile?
Squame e curve a parte, il punto è che la prima lo fa, o almeno dovrebbe, per scelta e per piacere mentre la seconda vi è costretta dalla natura per catturare dai raggi solari il calore necessario per mantenere la giusta temperatura corporea.
In termini tecnici si dice che la donna è omeoterma, ovvero dotata di meccanismi fisiologici che, in condizioni di buona salute, le permettono di mantenere pressoché costante la propria temperatura interna. La lucertola invece è xeroterma, poiché il suo organismo è incapace di regolare e conservare autonomamente un livello prefissato di calore.
Come la donna, sono omeotermi tutti i mammiferi e gli uccelli.
Come la lucertola, sono eterotermi tutti gli altri rettili, i pesci e gli insetti.
Nel corso dei millenni, il passaggio dall’etero all’omeotermia ha rappresentato, più che un’evoluzione naturale, una rivoluzione straordinaria per tutte le specie che, per caso o per necessità, ne sono state coinvolte. Soprattutto perché il fatto di potersi almeno in parte svincolare dalla dipendenza dell’ambiente esterno per regolare le proprie funzioni organiche ha reso gli animali omeotermi liberi di conquistare aree geografiche e territori preclusi ad altre specie. L’uomo, certo, ha poi saputo ampliare questa potenzialità imparando a usare il fuoco, vestendosi di pelli e tessuti, fabbricandosi calzature adatte tanto alle sabbie magrebine quanto alle nevi himalayane, ma senza l’essenziale premessa dell’omeotermia avrebbe potuto fare ben poca strada.
Riuscire a mantenere una temperatura corporea costante e differente da quella ambientale permette di dissipare meglio il calore prodotto, per esempio delle reazioni di trasformazione degli alimenti e dal movimento e avere quindi un metabolismo più intenso, rapido ed efficiente. Il che significa, in particolare, disporre di un’energia fisica maggiore, avere una trasmissione nervosa velocissima e gestire equilibri ormonali raffinati e impegnativi.
Il lusso costoso della costanza
Essere omeotermi è un bel vantaggio, ma ha anche costi considerevoli dal punto di vista metabolico, non soltanto quando fa freddo ed è necessario consumare più energia per produrre calore e dotarsi di specifiche strutture per trattenerlo, ma anche (e anzi di più) quando la temperatura ambientale aumenta e serve attivare e sostenere raffinati processi fisiologici di raffreddamento. Su entrambi i fronti, ciascuna specie ha sviluppato strategie originali e piuttosto complesse, che sfrutta in modo perfettamente concertato con le richieste del termostato interno dell’organismo.
Le marmotte, per esempio, ingrassano, infoltiscono il pelo e riducono al minimo il dispendio energetico andando in letargo in inverno, per ritornare a guizzare nei sottoboschi in primavera ed estate. Gli uccelli abituati a climi freddi dispongono di un particolare sistema circolatorio nelle zampe che gli consente di mantenere alla giusta temperatura anche in acque ghiacciate. Si potrebbe continuare a lungo. Limitandoci al caso umano, l’obiettivo di tutti i processi omeostatici costantemente al lavoro è riuscire a mantenere la temperatura corporea intorno ai 37° C, con minime variazioni individuali dovute alle caratteristiche genetiche e alle abitudini di vita e altrettante modeste oscillazioni giornaliere, legate ai ritmi circadiani (cioè nel corso delle 24 ore) e alle funzioni fisiologiche in corso.
Durante la digestione, per esempio, il termometro sale di qualche tacca, mentre nel sonno cala, arrivando al minimo nelle prime ore del mattino. In genere, comunque, quando si è sani non ci si scosta di oltre un grado del valore impostato sul termostato interno, andando grossomodo da 36,5 a 37° C. i bambini tendono ad allinearsi al limite superiore perché il loro metabolismo è più attivo e produce più calore.
Un vigile inflessibile
Il centro termoregolatore umano si trova in una regione del cervello, l’ipotalamo, che funziona da area di smistamento e coordinazione di tutte, o quasi, le funzioni fisiologiche fondamentali, mediando anche l’influenza che su di esse hanno le emozioni.
I segnali termici arrivano al centro termoregolatore direttamente dal sangue che lo irrora.
Quando ci si trova in un ambiente freddo e la temperatura del sangue si riduce leggermente, il termostato si accende e comanda ai muscoli di vibrare più rapidamente per dissipare energie attraversi i brividi, ai peli di rizzarsi per aumentare l’intercarpedine di aria tiepida tra pelle e mondo esterno, ai capillari superficiali di contrarsi per limitare l’afflusso di sangue e la dispersione del calore attraverso la cute. In aggiunta, con l’aiuto dell’ipotalamo, il centro termoregolatore sollecitano quelli che regolano la fame e la sazietà, facendo aumentare l’appetito per favorire l’accumulo di grasso, il miglior isolante termico naturale.
Per questa ragione con l’arrivo dei primi freddi si tende a mangiare di più e a metter su chili.
Quando la temperatura esterna aumenta, invece, il termostato innesca specifici meccanismi di raffreddamento. Il più articolato, utile e dispendioso in termini energetici è quello della sudorazione, poiché richiede la secrezione di liquidi da parte di cellule specializzate. Il sudore prodotto abbassa la temperatura della superficie corporea e favorisce la dispersione del calore. Un’altra strategia per ottenere lo stesso effetto è vasodilatazione: per questo in estate le vene sono più visibili e chi soffre di insufficienza venosa ha problemi maggiori.
In aggiunta, vengono inibiti i centri della fame e stimolati quelli della sazietà e della sete. Così si mangia meno, dimagrendo un po’, e si beve di più per raffreddare l’organismo e reintegrare i liquidi persi con la sudorazione. Questi stessi processi si attivano anche quando ad innalzarsi non è quella dell’ambiente in cui ci trova, ma la nostra temperatura interna. È quel che capita, per esempio, quando si è accaldati o si ha la febbre e la barretta di mercurio si avvicina o supera i 38°C .
Febbre: l’eccezione da gestire
Il termostato interno dell’organismo è un vigile attento e inflessibile. Scostamenti sensibili di oltre 1°C , dal valore di temperatura prefissato, di solito nel senso di un aumento, sono ammessi soltanto in casi eccezionali. Quando capita, ci si dice che c’è febbre e in genere ciò significa che c’è qualcosa che non va. Tra le cause più comuni e banali di febbre negli adulti ci sono senza ombra di dubbio l’influenza e le malattie da raffreddamento, che praticamente tutti sperimentano almeno una volta all’anno e, spesso, anche di più.
Altre situazioni più particolari per le quali è “ammesso” un innalzamento della temperatura sono poi le infezioni batteriche, da un banale ascesso gengivale a una più rara salmonellosi, o virali; come le epatiti (ma in questo caso di solito la febbre è molto lieve e può anche mancare) oppure un affaticamento intenso.
La febbre non è mai inutile: a temperature maggiori le reazioni chimiche sono più rapide, il metabolismo più efficiente e le difese immunitarie più attive.
Accanto a questi riflessi positivi, però, la febbre comporta anche non pochi disagi.
Una volta stabilita la natura che l’ha scatenata è quindi ragionevole cercare di attenuarla. Questo è vero soprattutto nel caso delle sindromi influenzali, dove qualche grado di troppo basta ad amplificare notevolmente il malessere. Riportare in fretta la temperatura ai valori normali è molto semplice: basta mettersi a letto, magari con una borsa del ghiaccio in fronte, e prendere un buon antipiretico, come per esempio acido acetilsalico (Asa) o paracetamolo. Riguardo ai modi d’assunzione non c’è che da sbizzarrirsi nella scelta tra compresse effervescenti o da inghiottire. Da qualche mese poi Asa esiste anche in una nuova formulazione in bustine di granulato predosato con estratto di arance di Sicilia, che unisce alla tradizionale efficacia del principio attivo il sapore gradevole e una supplementazione di vitamina C. se la febbre non demorde si può ripetere l’assunzione ogni 4-6 ore, ma per non più di 4-5 giorni. Poi diventa obbligatorio chiedere consiglio al medico. Quest’ultimo andrebbe sempre interpellato fin dall’inizio del malanno quando ad avere la febbre è un anziano.
Un aiuto in più
Quando la febbre è data da un’influenza o da un altro banale malanno stagionale, un buon antipiretico (Asa) è la soluzione ideale. Con le sue proprietà antinfiammatorie riduce anche i fastidiosi disagi a carico di naso e gola, mentre grazie al potere analgesico allevia presto mal di testa e indolenzimenti vari. Anche se, prendendolo, ci si sente subito meglio, non si deve pensare però di essere già guariti. I sintomi sono soltanto attenuati dal farmaco, mentre il compito di combattere virus e patogeni invernali resta al sistema immunitario, in particolare ai linfociti, che sono le principali cellule in grado di difenderci dalle infezioni.
È il loro lavoro e sanno farlo come si deve, ma perché tutto funzioni con la massima efficienza e la guarigione arrivi in fretta serve parecchio impegno.
Riposo e alimentazione leggera e nutriente sono ottime premesse, ma spesso è il caso di fornire all’organismo anche un sostegno in più. Un’integrazione mirata di vitamine minerali e oligoelementi, per esempio, può fare molto, soprattutto quando ad ammalarsi è un anziano o un fumatore, poichè l’età e la nicotina da un lato assopiscono le difese naturale e dall’altro aumentano il fabbisogno di questi preziosi elementi. In realtà, però, l’aiuto di un complesso multivitaminico ad alto dosaggio fa bene a tutti a ogni età, anche per recuperare in fretta dopo la fase acuta ed evitare di trascinare troppo a lungo depressione e spossatezza tipiche dell’inevitabile convalescenza.
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