IL MOSTRO GIOCAVA CON GLI INQUIRENTI:
SPEDI’ PERSINO UNA BUSTA CON I RESTI DI NADINE
Finita la visita, congeda l’ultima paziente con un formale inchino, sfila il camice bianco, chiude l’ambulatorio al termine dell’ennesima giornata pesante, iniziata di buon’ora in ospedale.
A casa, una villa solitaria in collina, cena in silenzio con la vecchia madre. Ma in alcune maledette notti senza luna, Il dottor Jekyll diventa mister Hyde, il medico (un chirurgo, forse un ginecologo) diventa il mostro. Va a caccia di coppietta appartate, eppure non è un guardone. Anzi gli ripugna il piacere degli altri, e uccide e mutila sempre prima che venga compiuto l’atto d’amore. Perchè lui deve impedire quell’atto.
Caccia all’insospettabile.
Questo suggestivo shockante identikit psicologico tracciato in tempi remoti dal criminologo Francesco Bruno forse non è lontano dalla realtà. Perchè la storia del “Mostro di Firenze” sembra disegnare un cerchio. Un cerchio che non si è chiuso. Per anni si è immaginato che il protagonista invisibile e irraggiungibile della più grande storia criminale italiana dev’essere un medico. E non solo nella fantasia popolare. Magistrati e poliziotti hanno a lungo scandagliato questa pista, nell’ultima fase delle indagini (dal 1996) anche seguendo le rivelazioni dell’unico pentito dell’inchiesta. Giancarlo Lotti. Lotto disse che lui faceva il palo mentre Pietro Pacciani e Mario Vanni massacravano le coppiette ma rivelo anche che le ragazze venivano straziate a colpi di coltello per vendere i feticci “a un medico”. Mai identificato. Negli Anni ‘80 fu sospettato un ginecologo umbro con villa a San Casciano, il paese di Vanni. Poi, nell’ottobre 1985, questi scomparve nelle acque del lago Trasimeno. Solo 17 anni dopo la sua morte, la salma è stata riesumata per fare una tardiva autopsia e dare sostanza all’agghiacciante ipotesi che l’uomo fosse quantomeno il custode dei feticci del mostro. Ma a tuttoggi nessun riscontro può impedire che i parenti ne difendano la memoria. Così non è mai stato provato nulla contro un’altro chiacchieratissimo ginecologo con villa all’Impruneta (provincia di Firenze) e ambulatorio a San Casciano. Era fratello di un ambasciatore, a sua volta sospettato (ma lui smentì sempre) di frequentare una setta satanica. Oggi, dopo 8 duplici omicidi, a 35 dal primo e 18 dall’ultimo, restano una montagna di carte, un cumulo di dubbi e fondamentali interrogativi irrisolti. Il mostro di Firenze è morto? E’ diventato troppo vecchio per uccidere e mutilare? Oppure il mostro, un mostro a più teste, è stato arrestato, come sostengono gli inquirenti?
La pista Sarda.
Un punto fermo sono le verità processuali. Sospetti, arresti, ma anche tanti proscioglimenti accompagnarono la famosa “pista sarda”. Entrarono nell’inchiesta i fratelli Stefano e Giovanni Mele, il cognato panettiere Pietro Mucciarini e soprattutto i fratelli Salvatore e Francesco Vinci. Non ci fossero di mezzo tragedie, fra loro e la letteratura, questi ultimi sarebbero insuperabili personaggi da romanzo noir. Infatti, non solo i Vinci erano emigrati in Toscana da Villacidro, il paese del cagliaritano dal quale certamente proveniva la pistola usata per tutti i delitti, una calibro 22 compresa in uno stock rubato in un’armeria, ma dietro di loro hanno lasciato una scia di misteri, Francesco fu assassinata e bruciato nella sua auto e Salvatore, uscito dall’inchiesta sui delitti del mostro, è scomparso. Molti sostengono si sia rifugiato in Spagna, dove sarebbe morto, come confidato da una donna (anch’essa misteriosa) alle sorelle che ancora vivono a Villacidro. Ma non tutti ne sono convinti. Il nome di Pietro Pacciani, contadino di Mercatale, 20 km a sud di Firenze, comparve per la prima volta nell’inchiesta per una lettera anonima giunta ai carabinieri di San Casciano il 19 settembre 1985, 11 giorni dopo l’ultimo delitto. C’era scritto. “Fate indagini sul concittadino Pietro Pacciani, un uomo violento e impulsivo”. Ci si fermò a un interrogatorio e a una perquisizione domiciliare senza esito. Passano 6 anni e, il 30 ottobre 1991, i pubblici ministeri Pier Luigi Vigna e Paolo Canessa inviano a Pacciani un avviso di garanzia per i delitti del mostro. Sembra che a inchiodarlo sia un... computer. Gli investigatori avevano affidato a un computer migliaia di nomi di pregiudicati per reati a sfondo sessuale. Si erano incrociati nomi, eventuali condanne, periodi di detenzioni, date dei delitti del mostro. Alla fine il computer aveva detto Pacciani. Coppiette a parte, “il vampa”, come Pacciani è soprannominato con la facilità con la quale s’infuria è un mostro perfetto. Dal 1987 al 1991 era stato in carcere con l’accusa di aver violentato le due figlie avute da Angiolina Manni, sposata nel 1964. Ma ha un’altro precedente, che peserà come un macigno. Nel 1951, all’età di 26 anni, Pacciani aveva sorpreso nei boschi di Vicchio del Mugello la quindicenne fidanzata Miranda Bugli a far l’amore con Severino Bonini. Aveva massacrato l’uomo con 19 coltellate e costretto la ragazza ad avere un rapporto con lui accanto al cadavere del rivale. La ricostruzione dell’omicidio dimostrò che Pacciani aveva aggredito Bonini mentre Miranda aveva scoperto il seno sinistro. Il ricordo, secondo gli accusatori, lo avrebbe ossessionato per tutta la vita (il mostro mutilò le sue vittime sempre al seno sinistro.
Condanna e assoluzione.
Ma le prove? Spuntano in seguito. Schiaccianti. Per alcuni. Per altri, così clamorose da sembrare un regalo agli inquirenti e un modo per incastrare Pacciani. Il 29 aprile durante una maxi perquisizione nella misera abitazione di Mercatale, Ruggero Perugini, capo della Sam (Squadra antimostro), trova infilato in un paletto di cemento rotto che Pacciani usava per tenere i filari dell’orto un proiettile calibro 22 Winchester con una H incisa sul fondo: il marchio di tutti i delitti. In maggio si trovano anche i pezzi di stoffa identici a quelli che accompagnavano un’asta guidamolla di una pistola compatibile con quella dei delitti, arrivata ai carabinieri dentro una busta anonima. In giugno gli scoprono in casa oggetti simili ad altri appartenuti a due delle vittime, i tedeschi. Il 1° novembre 1994, Pacciani, 69 anni viene condannato a 14 ergastoli per 7 duplici omicidi. Rimane escluso il primo, per il quale non ci sono prove. Ma in appello, il 13 febbraio ‘96, Pacciani viene assolto da tutto, addirittura su richiesta della pubblica accusa.
Compagni di merende.
Il vero colpo di scena c’era stato il giorno precedente con l’arresto di un postino in pensione, Mario Vanni, detto “Torsolo” perchè alto e magro amico di Pacciani. Vanni era già comparso come testimone al primo processo il 26 maggio 1994. Dopo che per giorni in aula si era parlato solo di massacri e mutilazioni, aveva esordito dicendo: “il con Pacciani sono solo andato a far merende”. Incredula e sgomenta, nel 1996 l’Italia conosce le facce stranulate e i vizi inconfessabili dei “compagni di merende”, frequentatori di bettole e prostitute, personaggi violenti sempre pronti a minacciare e anche a sottomettere sessualmente i più deboli. Se Pacciani era stato in galera perchè di notte svegliava e molestava le figlie, Vanni aveva scaraventato giù dalle scale la moglie incinta (la figlia nacque menomata e poi morì). Con i due incriminati anche Giovanni Faggi, ex rappresentante di piastrelle, già arrestato poi assolto per il delitto degli Scoperti del 1985, e Giancarlo Lotti, detto “Katanga” o “King Kong” perchè considerato un menomato. Fu proprio Lotti, succube di Pacciani di cui, almeno una volta dovette soddisfare le voglie, a rivelare la dinamica di alcuni delitti. E fu per le sue deposizioni che Vanni finì all’ergastolo mentre lo stesso Lotti fu condannato a 30 anni di carcere. Infarto...
E Pacciani? In attesa di un nuovo processo per decisione della Corte di Cassazione, nel primo pomeriggio del 22 febbraio 1998 viene trovato morto nella casa di Mercatale dove viveva solo abbandonato e insultato da Angiolina, aveva cercato inutilmente di farla tornare. E’ disteso sul pavimento, fra la cucina e il bagno, con i pantaloni abbassati e la maglietta arrotolata sul petto.
L’autopsia parlerà di arresto cardio-circolatorio ma sul decesso si indaga ancora. La sera prima, a casa sua era sicuramente presente un misterioso erborista. Pacciani si è portato nella tomba tanti segreti, e molti sono convinti che qualcuno lo abbia aiutato a portarseli via. Per esempio come mai sia Pacciani che Vanni possedevano decine di milioni di lire, soldi non giustificati dai loro introiti ufficiali? Ricattavano qualcuno? Venivano pagati per qualcosa?
Ultimo atto i mandanti.
C’è un nuovo filone d’inchiesta, aperto da tre anni e che nelle intenzioni di alcuni inquirenti, potrebbe portare alla scoperta di supposti mandanti dei delitti. Si basa su un’ipotesi coerente e credibile, ma finora, assolutamente romanzesca. Questa: “i compagni di merende” avrebbero agito su commissione di un gruppo di insospettabili, aderenti a una setta satanica che compiva macabri riti, anche con sanguinolenti reperti anatomici. Un pittore svizzero, Claudie Flabiart, suggerì agli inquirenti che la “cupola” si riuniva in una bella villa a due passi da San Casciano, un tempo casa di ricovero, poi albergo-ristorante.
Una villa nella quale, il pittore dimorò 2 anni, prima di scappare terrorizzato. Invano la polizia ha cercato in questa dimora una cripta segreta per i riti magici. Invano le proprietarie sono state interrogate a lungo, proprio loro che avevano dato il via al filone d’inchiesta dicendo alla polizia che lo strano e riservato pittore che ospitavano era fuggito all’improvviso, lasciando in camera una pistola, coltelli, foto pornografiche, disegni macabri... Non è saltato fuori nulla. Il mostro non c’è più, restano i misteri.
Gli otto duplici omicidi del mostro di Firenze.
Stessa pistola con cartucce calibro 22 long rifle marca winchester e una H impressa sul fondello.
E stessa ferocia.
Panico.
Di fronte all’impotenza degli investigatori. Irrisi da un nuovo massacro ogni volta che sembravano sulla pista giusta, da Firenze si diffusero in tutta Italia orrore e panico.
Ecco date, nomi e crimini del mostro.
21 agosto 1968
Antonio Lo Bianco (31 anni) e Barbara Locci (29) sono freddati in auto, Stefano Mele, marito di lei, prima confessa poi accusa altri amanti della donna.
14 settembre 1974
Otto spari sulla Fiat 127 di Pasquale Gentilcore (19 anni) e Stefania Pettini (18). Lui muore subito, lei e poi colpita con 97 e il suo cadavere oltraggiato.
6 giugno 1981
Giovanni Foggi (30 anni) e Carmela De Nuccio (21) sono uccisi su una Fiat Ritmo, Per lei anche 17 coltellate e l’asportazione del pube.
22 ottobre 1981
Nove colpi per Stefano Baldi (26) anni e Susanna Cambi (24) su una Golf lei viene trascinata in un canale. Anche il suo corpo subisce la rituale mutilazione.
19 giugno 1982
Paolo Mainardi (22 anni) e Antonella Migliorini (19) aggrediti tentano la fuga, ma l’auto finisce in un fossato, lei viene uccisa lui ferito. Morirà in ospedale.
9 settembre 1983
Su un furgone Wolkswagen attrezzato a camper, vengono ammazzati due ragazzi tedeschi Horst Meyer e Uwe Rusch Sens, che aveva lunghi capelli biondi.
22 luglio 1984
Uccisi su una Panda, Claudio Stefanacci (22 anni e Pia Rontini (18). A lei, dopo aver subito la solita mutilazione viene anche asportato il seno sinistro.
8 settembre 1985
Spari a Jean Michel Kravechvili (25 anni) e Nadine Mauriot (36) in una tenda canadese. Lui ferito tenta di fuggire ma è accoltellato. Lei viene mutilata come Pia.
SERIAL KILLER: A QUANDO LA PROSSIMA VITTIMA ?
Si può prevedere quando un serial killer commetterà il prossimo omicidio? Se secondo Rense Lange, dell’Università di Springfield, che nel 1999 ha applicato la “teoria delle catastrofi” (sviluppata dal matematico Thom negli anni ‘70) al comportamento di 11 serial killer.
Tipico.
Questa teoria descrive matematicamente come fenomeni improvvisi e inaspettati, per esempio la rottura di un elastico, possano nascere da forze graduali e continue. Così Lange ha scoperto che il numero di giorni tra un delitto e l’altro segue uno schema, non necessariamente regolare, ma tipico di ogni serial killer.
Catastrofe.
Le equazioni che descrivono tali schemi danno quindi un’indicazione abbastanza affidabile di quando verrà commesso l’omicidio successivo. Secondo Lange, il successo dell’applicazione della teoria delle catastrofi a questo campo è una conferma delle teorie psicologiche che descrivono l’omicidio come il risultato della rottura dell’equilibrio tra sensazioni opposte (come quella di essere invincibile e insieme indifeso) presenti nella mente dei serial killer. Proprio come un elastico che si spezza.
Pietro Pacciani.
Presunto mostro di Firenze. Prima condannato, poi assolto. Trovato morto in casa il 22/2/1998.
Mario Vanni.
Condannato per gli ultimi quattro degli 8 duplici omicidi delitti del mostro detenuto in carcere.
Barbara Locci.
Prima presunta vittima del mostro 21/8/1968.
Salvatore Vinci.
Indagato e poi scagionato per i delitti del mostro scomparso.
Fabio Vinci.
Convivente di Milva Mattei, si era ridotto a vivere in una Fiat 500. Trovato morto nell’auto. Dicembre 2002.
Antonietta Sperduto.
Costretta a ripetute violenze e umiliazioni da parte di Pacciani e Vanni.
Milva Malatesta.
Bruciata nella sua auto. 19/8/1993.
Francesco Vinci.
In passato amante di Barbara Locci, poi legato a Milva Malatesta, restò in carcere accusato per il duplice delitto del 1982. Trovato bruciato in auto. 7/8/1993.
Milva Mattei.
Strangolata e bruciata nella sua casa. 24/5/1994.
Renato Malatesta.
Succube di Pacciani e Vanni. Trovato impiccato, ma con i piedi a terra. 24/12/1990.
Vincenzo Limonigi.
Trovato impiccato in carcere. Probabile suicidio.
Mirko Rubbino.
Bruciato in auto con la madre all’età di 3 anni. 19/8/1993.
Angelo Vargiu.
Pastore di Francesco Vinci, bruciato con lui in auto. 7/8/1993.
Paolo Mainardi Antonella Migliorini.
Vittime del 5° duplice omicidio del mostro. 19/6/1982.
Francesco Ferri, presidente della Corte d’Assise che assolse Pacciani.
I sospetti sulla fine di Pacciani trovano conferma in un documento
ULTIMISSIME SUL “MOSTRO DI FIRENZE”: ECCO LE VERITA’ MAI RACCONTATE
Una lettera anonima inviata tre anni prima che il contadino di Mercatale morisse:
“Verrà fatto fuori prima di riprocessarlo per chiudere tutto”. Poi due libri clamorosi.
Le rivelazioni del supertestimone. E l’accusa di un ex magistrato.
Il documento è anonimo ed è datato 1995. Se ne conosceva l’esistenza, ma non il contenuto. La sua pubblicazione dimostra che i sospetti sulla fine di Pacciani hanno più di un fondamento. Il contadino, trovato morto nel 1998 nella sua casa, con i pantaloni mezzo calati, potrebbe veramente essere stato ucciso. Di fatto, qualcuno ne preannunciò la fine con tre anni di anticipo. Divulghiamo questo scritto, perché tutta l’inchiesta sul mostro di Firenze è caratterizzata da lettere e telefonate senza paternità.
E se l’intera indagine è andata avanti dopo iniziali input anonimi, allora anche il preannuncio della fine violenta di Pacciani va preso in considerazione e ne deve essere vagliata la credibilità.
L’annuncio di morte: “Noi si sa che a Sesto”, scive l’estensore del “de profundis” su Pacciani, “c’è un vecchio medico che ha scritto una specie di libro sul mostro e che lui ha una prova sicura di dimostrare che il Pacciani non può essere lui il mostro, ma un chirurgo impazzito e vuole farsi testimoniare all’appello, che è sicuro che il Pacciani lo uccidono i dottori prima di riprocessarlo, per chiudere tutto e lui rimane per sempre il mostro vero”. Le missive senza paternità sono un leit motiv: si cominciò con quella del 1985 (“indagate sul contadino di Mercatale, Pacciani Pietro, che violenta le figlie”); per finire con altre che hanno dato inizio alla nuova fase dell’inchiesta del poliziotto-scrittore Michele Giuttari e del pubblico ministero Paolo Canessa: la ricerca dei mandanti che commissionavano ai “compagni di merende” Pietro Pacciani, Mario Vanni (detto Torsolo) e Giancarlo Lotti (detto Katanga, morto un paio di anni fa), i delitti da commettere e i “reperti” macabri da consegnare come feticci. Il contadino di Mercatale fu dunque, secondo il suggeritore sconosciuto, eliminato con un letale cocktail di farmaci. Ma perchè? Forse perchè si accingeva a parlare? O perché si voleva impedire che la Cassazione confermasse la sentenza d’assoluzione della Corte d’Assise di Firenze?
Il supertestimone:
L’unico che davvero ne sa qualcosa è l’avvocato Pietro Fioravanti, storico difensore dell’ex mostro.
Ma il legale non parla, vincolato com’è dai magistrati, che lo hanno interrogato per otto ore.
Si limita a preannunciare, visto che tutti scrivono libri (con riferimento al recente Scarabeo, di Michele Giuttari, lanciato proprio nei giorni in cui l’inchiesta riprendeva il via, ma in altra inedita direzione, anche io ne ho scritto uno: Confessioni di un mostro, questo il titolo. Dentro ci sarà tutto quel che Pacciani mi disse, tutti i segreti che mi rivelò. Sarà un libro esplosivo. A sei anni dalla sua morte, (1988) e davanti al procedere di questo nuovo filone di indagine ritengo sia giunto il momento di far conoscere la verità da me apprese come difensore del contadino.
Il vero nome del mostro:
L’inchiesta attuale ha alla base una teoria: a Firenze agiva una segretissima lobby satanica composta da persone eccellenti, insospettabili. Una regista Rai, apparentemente bene informata, raccontò anni fa in una intervista: “il mostro di Firenze è un personaggio molto noto e potente, con una doppia identità, e fa parte di una terribile setta satanica. Mi ha confessato che i membri uccidono l’uomo e la donna nell’atto di accoppiarsi per uccidere l’amore e colpire Dio. Mi ha detto anche: “Io strappo il pube o il seno con un coltello milleusi, e lo faccio non solo per odio, ma perchè, secondo la setta, durante l’atto sessuale, il corpo libera energie di cui ci si può servire anche per curarsi o per aumentare la forza fisica”. Secondo Michele Giuttari e Paolo Canessa, il gruppo satanico era composto da numerosi personaggi, alcuni dei quali oggi indagati, che, dopo orge a base di sesso e cocaina, commissionavano ai tre compagni di merende i delitti. Teoria audace e forse indimostrabile, soprattutto se, come si è appreso, l’obbiettivo vero dell’inchiesta sarebbe il personaggio “stratosferico” di cui parla la regista Rai, uno di quei nomi della Firenze che conta, che al solo pronunciarlo, provoca scottature, insomma. Insomma gli inquirenti vogliono arrivare al “mostro dei mostri”, a quel nome che molte telefonate anonime hanno fatto, ma che viene tenuto sullo sfondo per prudenza o per paura.
Le registrazioni sparite:
“Il mio telefono era sotto controllo Ricevetti almeno cinque telefonate nelle quali si facevano nomi altisonanti. Ebbene, quelle registrazioni sono sparite, non si trovano più. Devo dire”, precisa Pietro Fioravanti, “che la storia delle sette può anche essere vera, ma la realtà è il gruppo, secondo le segnalazioni che ho ricevuto, praticava sesso con ragazze vergini, consumava droga e poi tutto finiva lì. Non vorrei che si ripetesse quel che è successo al Pacciani: siccome era un’impresentabile, una figura screditata perché aveva violentato le figlie, gli si cucì addosso l’abito del mostro”.
La lunga scia dei morti:
Nelle convinzioni degli investigatori, c’è anche la considerazione che, oltre alle 16 vittime del mostro di Firenze, ci sono almeno altri 15 morti misteriose, se non tragiche, e vale la pena ricordarle, anche se questo non fa altro che ingarbugliare ancora di più il ginepraio dell’inchiesta sui delitti delle colline toscane, il thriller più “affascinante” della storia criminale mondiale, la cui soluzione darebbe lustro eterno al suo solutore. Iniziamo con il marchese Corsini, morto per una fucilata in faccia, proprietario della villa dove un ginecologo perugino, Francesco Narducci, aveva preso in affitto due stanze.
Narducci, fu ritrovato annegato e incaprettato (secondo la testimonianza di un pescatore anonimo) non il 13, ma il 9 ottobre 1985, sulle rive del lago Trasimeno e sulle modalità di quel ritrovamento indaga ora la Procura di Perugia, che ha iscritto il padre dell’annegato, un questore e un medico legale nell’apposito registro. Per non parlare dell’orrenda morte di Milva Malatesta e del figlio Mirko Rubino, bruciati nella loro auto nel 1993. La donna era figlia di Maria Antonietta Sperduto, amante di Pacciani e di Renato Malatesta, che morì impiccato (...ma i piedi che toccavano in terra...). Arriva poi l’ora di Francesco Vinci, prima sospettato dei delitti e del suo scudiero, il pastore Angelo Vargiu, incaprettati e bruciati nella Volvo di proprietà del primo, nel 1993. Salvatore Vinci fratello di Francesco, sospettato anche lui di essere il mostro, scomparve misteriosamente nel 1989: era uno degli amanti di Barbara Locci, la prima vittima della Beretta calibro 22. La moglie di Salvatore, Barbarina Steri, fu uccisa. Brutta fine anche per il ginecologo Giulio Zucconi, di San Casciano, sospettato (nei pettegolezzi della gente) di essere l’autore dei delitti e per questo morto di crepacuore. Salvatore Indovino, mago con villetta sulla via parallela agli Scoperti, luogo dell’ultimo duplice omicidio, organizzava orge emesse nere, morì di un tumore fulminante. Suicida, invece, anche il macellaio di Quarrata, vicino a Pistoia, finito tragicamente nel 1985, dopo che venne reso noto l’identikit del mostro che si somigliava.
Quanti erano i mostri:
La nuova teoria sui mandanti, però, cozza con le certezze dei pentiti fino a oggi acquisiti nei processi.
Francesco Ferri, presidente della Corte d’Assise che assolse Pacciani, oggi in pensione, ci riceve in casa sua a Firenze. “Non rilascio interviste”, dice, “quel che avevo da dire l’ho scritto”.
Ed eccolo qui il libro bomba (il caso Pacciani, edizioni Pananti, Firenze), dove il pensiero del magistrato sconvolge: ”Dall’originario maniaco isolato unico al mondo nella storia della criminologia per l’assoluta peculiarità delle sue deviazioni sessuali”, sostiene Ferri, “si è passati a una combriccola di ubriaconi, frequentatori e sfruttatori di prostitute, una piccola banda tipo Amici miei in peggio ancora più volgare nella versione vernacolare paesana, le cui “zingarate” consistevano talvolta nelle “merende” e, soprattutto nelle bevute in cantinette varie talvolta nella ricerca di un facile sesso nei dintorni della stazione del capoluogo, talvolta in messe nere e in sedute di magia da quattro soldi, e, infine, ma nel periodo cruciale, almeno una volta o due l’anno, in orrendi delitti a scopo di libidine. Secondo questo nuovo quadro, andrebbe riscritta tutta la dottrina della criminologia”. Nella contenuta prosa del magistrato non mancano affondi tremendi contro l’inchiesta: “Quel che doveva essere un caso serio, è divenuto un caso da servette”. E ancora, citando le perizie scientifiche: “L’analisi delle dinamiche materiali dei delitti, porta ad avallare l’azione di una sola persona e a escludere il concorso di complici. “I dati criminalistici e medico legali, orientano verso un soggetto maschio, destrimane, altezza un metro e ottanta e oltre, robusto, agile, discreto nel maneggiare armi da fuoco, abituato all’uso di strumenti da taglio, scaltro, abile, freddo nell’azione delittuosa e che raramente è in grado di avere rapporti sessuali. Da ciò si può dedurre, in linea di massima, che l’omicida sia un uomo non perfettamente integrato sul piano affettivo ed emotivo con una figura femminile”. Tutto il contrario delle persone fino a oggi sospettate, incarcerate, processare, condannate, talora assolte, che le inchieste ci hanno fatto conoscere. In attesa del prossimo libro di Michele Giuttari.
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