Spegniamo quel fuoco
Un Italiano su quattro prima o poi affronta il dolore dell’herpes zoster.
Ora però ci sono novità per riconoscere subito il disturbo e curarlo bene
Tutti lo chiamano fuoco di sant’Antonio, ma il suo nome scientifico è herpes zoster ed è un’infezione molto più diffusa di quanto non si creda: addirittura una persona su quattro nell’arco della vita deve fare i conti con questo dolorosissimo disturbo, parente della varicella.
«Quando si guarisce dalla malattia infantile, infatti, il virus non abbandona l’organismo ma si “rifugia” nei gangli nevosi della colonna vertebrale».
«Qui può rimanere silenzioso anche tutta la vita. Oppure risvegliarsi, magari a distanza di trent’anni da quando si è avuta la varicella. E manifestarsi con dolori insopportabili».
Proprio per questo c’è molta attesa per il vaccino. Attualmente è già disponibile negli Stati Uniti e viene consigliato a chi ha più di 60 anni e ha avuto la varicella. Gli studi hanno dimostrato che dimezza il rischio di ammalarsi di Herpes zoster.
Se la malattia si scatena nonostante la vaccinazione, il dolore è ridotto di oltre la metà.
Ma il vaccino arriverà in Italia solamente l’anno prossimo. È nel frattempo?
Prima si riconosce il fuoco di sant’Antonio, meglio si cura e più rapida è la guarigione. Vediamo, allora, tutto quello che c’è da sapere.
Scopri se sei a rischio
L’herpes zoster si scatena soltanto se c’è il fattore che “risveglia” il virus. Per esempio l’età e lo stress. Ecco chi rischia di più.
Chi ha più di 50 anni
In due casi su tre la malattia colpisce dopo questa età. Perché con il passare degli anni le difese dell’organismo diventano meno efficienti. Il consiglio L’ideale e mangiare tre volte alla settimana i pomodori: contengono licopene, che protegge dai radicali liberi, sostanze responsabili dell’invecchiamento delle cellule.
Chi è stressato
Il rischio di ammalarsi è tre volte più alto se è sempre sotto pressione. Quando l’organismo è stressato reagisce con la superproduzione di cortisone. Un ormone che, a lungo andare, indebolisce il sistema immunitario . Il consiglio Dormire sei, otto ore: il sonno aiuta tutto il corpo a rigenerarsi, comprese le cellule immunitarie.
Chi è convalescente
A volte, quando c’è una malattia che richiede un grosso sforzo da parte dell’organismo per guarire, può intervenire uno stato di immunodepressione. Cioè un calo dell’attività delle cellule del sistema immunitario, sfibrate dal superlavoro. Il consiglio Se si è reduci da una malattia debilitante, è di grande aiuto fare un’attività fisica regolare, anche leggera: stimola la produzione di serotonina, l’ormone del buonumore che contribuisce a rinforzare il sistema immunitario.
Che cosa fare ai primi sintomi
Un formicolio doloroso o una sensazione di trafittura come se si venisse “punzecchiate” con degli spilli in un punto preciso del corpo. È così che si preannuncia l’herpes zoster tre quattro giorni prima che si scatenino i sintomi veri e propri. E riconoscere questo campanello d’allarme è importante, perché così si possono iniziare subito le cure.
I segnali
Solo in seguito compaiono i disturbi tipici. Innanzitutto un dolore bruciante, come fuoco per l’appunto, che aumenta di intensità con il trascorrere delle ore. Il male è così forte che basta un soffio di vento o il contato con le lenzuole per scatenarlo.
«Sulla pelle fioriscono delle chiazze rosse». «Hanno una forma simile a una frustata perché seguono il percorso di uno o più fasci nervosi e sono localizzate solo da una parte del corpo». Le parti più colpire? Il torace oppure la schiena fino alla spalla e talvolta il braccio e la pancia. In rari casi il virus può aggredire il viso e in particolare la zona intorno all’occhio o all’orecchio. A distanza di qualche giorno le chiazze diventano vescicole a grappolo piene di liquido. E qui ci vuole la massima attenzione. Perché contengono il virus. Ciò significa che si può trasmettere la varicella a chi non l’ha mai avuta, ma non l’herpes, che non è una malattia infettiva. Niente contatti allora con i familiari, se non si è più che sicuri. Ed evitare anche la condivisione di lenzuola e asciugamani: lavare tutto a parte. Per essere tranquilli bisogna spettare due o tre settimane, quando le vescicole si seccano e cadono le crosticine.
I farmaci
La terapia è sempre a base di farmaci antivirali specifici. Esistono in pomata o in pastiglie.
Se l’herpes è delimitato basta la pomata, se è esteso e i sintomi sono intensi è meglio la formulazione per bocca. I principi attivi più nuovi si chiamano valaciclovir e famciclovir, che è il farmaco tradizionale, sono i più potenti.
Si prendono solo tre volte al giorno, anziché cinque come avveniva con l’altra cura.
In più i sintomi sono meno intensi ed è minore il rischio di nevralgia post-herpetica.
Si manifesta nel 20 per cento dei casi, con dolore e fastidio nella zona colpita che si trascinano per molti mesi dopo la scomparsa delle vescicole.
La cura si segue per circa sette giorni e non dà affetti collaterali.
Tre terapie che tolgono il male
Se il dolore è forte, si prova prima con un farmaco antinfiammatorio che può prescrivere il medico curante. Altrimenti ci sono nuove cure.
1) I farmaci triciclici. Già usati come terapia antidepressiva, si sono rivelati molto efficaci per combattere la nevralgia post-herpetica perché hanno un’azione analgesica a livello centrale, cioè direttamente sui centri del dolore. La cura, però, va dosata e seguita sotto stretto controllo dello specialista per un periodo variabile da 20 giorni a sei mesi.
2) I cerotti antinfiammatori. Le formulazioni sono diverse. Tutti rilasciano gradualmente il principio attivo attraverso la pelle. Non hanno la stessa efficacia degli antinfiammatori per bocca, ma vanno meglio per chi ha problemi di stomaco e un dolore lieve.
L’agopuntura. Il suo effetto antidolorifico è provato da numerosi studi. Se è visto che è in grado praticamente di azzerare il dolore dell’herpes zoster. Il ciclo è di almeno cinque sedute, ogni due giorni.
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