Salparono dal Sud-est asiatico e di isola in isola colonizzarono la vastità del Pacifico, fino a dividersi in decine di popoli e culture
È stato il primo grande salto dell’umanità verso l’ignoto. Senza utilizzare navicelle spaziali, ma semplici canoe e catamarani primitivi. L’impresa fu la colonizzazione delle isole del Pacifico, immerse nel grande “vuoto” di un oceano che, da solo, ricopre un terzo della superficie terrestre.
Non sappiamo quanti “Cristoforo Colombo” con la pelle scura scoprirono queste migliaia di isole dalla Melanesia alla Micronesia, dalle Hawaii fino all’Isola di Pasqua. Ma per la civiltà che si avventurò nel Pacifico, che gli archeologi chiamano “lapita”, il catamarano fu come il cavallo e la macchina a vapore per gli occidentali.
Tante terre promesse.
Analizzando il Dna delle popolazioni attuali dell’area, gli studiosi hanno concluso che le isole furono scoperte e abitate in due riprese. Prima dai Lapiti, asiatici e stanziati a Taiwan: circa 5 mila anni fa costruirono canoe stabili, con un secondo tronco galleggiante parallelo allo scafo, capace di ospitare numerosi rematori. Alcuni clan pensarono di visitare le terre che si intravedevano dalla costa, nella speranza di trovare selvaggina. Di isola in isola i lapiti “taiwanesi” giunsero a Samoa e a Tonga, nel cuore del Pacifico, lasciando ovunque i loro inconfondibili vaso con disegni dentellati. I Tongani svilupparono l’agricoltura e affinarono le tecniche di navigazione, realizzando il catamarano. A partire da 2.300 anni fa iniziarono quindi una nuova esplorazione verso l’est e il nord del Pacifico, portandosi dietro polli, maiali e sementi.
Gli studi di genetica confermano che tutte le civiltà derivano da quello stesso popolo che approdò e poi ripartì da Tonga. E ricostruendo un antico catamarano di 14 metri , gli archeologi hanno dimostrato che, orientandosi con le stelle, la forma delle onde, il tipo di nubi che sostano sulle isole e osservando il volo degli uccelli, si possono riscoprire le principali isole del Pacifico.
Popoli e fringuelli.
Così facendo, i Tongani inaugurarono un laboratorio dell’evoluzione umana che ha lasciato tracce genetiche, archeologiche e orali nella tradizione locale. «Il nastro di partenza fu Taiwan, ma strada facendo i Lapiti variarono i modi del potere e concetti morali, dando luogo a diverse civiltà» dice Patrrick Kirch, antropologo dell’Università della California a Berkeley e autore del libro On the road of the winds. I cambiamenti furono «frutto di scelte dovute alle diverse condizioni ecologiche delle isole». Proprio la diversità dei territori colonizzati spiega perché da un gruppo omogeneo si siano poi formate società semplici, oppure stratificate, complesse e guerriere. Il laboratorio del Pacifico sta alla storia di queste civiltà come le isole Galàpagos stanno ai fringuelli di Darwin. Così come la forma del becco dei famosi fringuelli. Le scelte sociali e morali vennero però determinate dall’ambiente.
Per esempio nel sud della Nuova Zelanda, dove il clima era secco ed erano presenti 12 specie di moa (grandi uccelli facili da cacciare) oltre a frutti selvatici in abbondanza, i Polinesiani, chiamati lì Moriori, abbandonarono l’agricoltura e tornarono a fare i cacciatori e raccoglitori. A nord, il clima continentale e le piogge abbondanti resero invece più autonome le piccole comunità di agricoltori, i Maori, che entrarono però in competizione tra loro. Nacquero villaggi fortificati. Mangiare i nemici divenne un onore e un piacere. E quando i Maori decisero di sbarcare sulle coste dei pacifici Moriori li massacrarono.
Noci di cocco e denti di squalo
Prima delle spedizioni di Ferdinando Magellano (nel ’500) e di James Cook (nel ‘700), i Polinesiani non avevano mai visto i metalli. Gli utensili erano di legno, pietra, ricavati da denti di squalo o da conchiglie, come gli aghi per la pesca. Fibre vegetali venivano abilmente intrecciate per fabbricare cesti. L’agricoltura si basava su tuberi e radici, sui frutti dell’albero del pane e, soprattutto, sulla noce di cocco, che rese inutile la produzione di vasi di ceramica fornendo acqua, polpa, olio, fibre per cordami e recipienti. Nell’alimentazione, l’apporto di proteine era assicurato da pesce, polli, maiali e anche la carne dei cani. L’incremento demografico, dovuto alla possibilità di immagazzinare cibo, richiese una aumento della produttività. Che a sua volta impose la ricerca di nuove terre e isole, e anche la nascita di nuovi ruoli sociali: navigatori, “agronomi”, tecnici per le irrigazioni e i terrazzamenti, esattori di tributi e militari. Spesso, però, vennero mantenute società semplici: il capo era un anziano, con una autorevolezza basata sull’esempio e sul culto degli antenati. L’organizzazione della società diventava più complessa quando, nelle isole di dimensioni maggiori, da qualche migliaio di persone si passava a decine di migliaia di individui. Allora, il capo aveva sotto di sé vari sotto-capi. E un’isola poteva essere divisa in distretti. Il potere si basava sull’organizzazione produttiva (con la redistribuzione del cibo nelle feste), la religione e la forza militare.
Fedeli fino alla morte
I capi si posero in relazione con le divinità, identificate a volte con antenati, da cui facevano discendere la loro autorità. La fiducia e i legami fra il sovrano e i dignitari dovevano essere ferrei. Ne è un esempio la vicenda di Roy Mata, a Retoka Island, in Melanesia. Verificando un racconto popolare, gli archeologi hanno scoperto una tomba di 600 anni fa in cui il capo era stato seppellito assieme ai suoi parenti, ai dignitari e alle loro consorti. In tutto circa 50 individui. Mentre gli scheletri degli uomini apparivano composti e ben distesi, quelli delle donne erano in posizioni drammatiche, a testimoniare che erano state sepolte vive. I ricercatori hanno poi concluso che anche i maschi erano vivi al momento della sepoltura, ma avevano assunto il kava, una droga proibita alle donne. Dato che Roy Mata fu, secondo la tradizione, un re pacifico, è possibile che tutte quelle persone scelsero di seguirlo nell’aldilà perché spinte da una forte ideologia religiosa.
L’orma del capo porta iella.
Le classi dominanti polinesiane coniarono la parola tapu, da cui discende la nostra “tabu” (divieto assoluto). I tabu erano un modo per affermare il potere e creavano una barriera fra il popolo e i capi, che non potevano essere toccati. In molte isole il capo veniva trasportato da un posto all’altro su una lettiga, perché l’impronta del suo piede sul suolo poteva portare disgrazie.
I tabu alimentari erano imposti soprattutto alle donne, che non potevano mangiare carne di maiale e cucinare con gli utensili degli uomini. Le società più complesse del Pacifico hanno avuto origine dalla natura delle Hawaii. Le isole più a ovest, come Kauai e Oahu, hanno acqua dolce in abbondanza, a differenza di quelle orientali, come Hawaii e parte di Maui, più aride. Emersero cosi due strategie: le classi dominanti delle isole più a ovest investirono molto nelle opere idrauliche e veneravano Kane, dio delle acque correnti e della fertilità. Quelle dell’est erano invece votate a Ku, dio della pioggia, dei sacrifici umani e della guerra. Accadde così che proprio le isole con reti idrauliche più avanzate, più progettuali e autosufficienti, furono sottomesse dal re delle isole aride, che scatenarono una forza militare per compensare le loro difficoltà economiche.
Da dove vengono gli aborigeni australiani?
La conolizzazione del Pacifico ha un precedente che risale a 40 mila anni fa. Protagonisti furono i Papua, che dal Sud-est asiatico riuscirono a raggiungere la Nuova Guinea e l’Australia. Lì sono ancora presenti e noti con lo stesso nome o con quello di “aborigeni”.
Tronchi-canoe
I Papua erano stati facilitati dal fatto che il mare era all’epoca meno profondo ed emergevano isolotti e ponti di terra. Percorrendo non più di 50 km da un’isola all’altra, a bordo di tronchi scavati, si insediarono anche nei vicini arcipelaghi occidentali del Pacifico.
Piove che Ku la manda!
Statue del dio Ku alle Hawaii. A est, nelle isole più aride dell’arcipelago, era il dio della pioggia, della guerra e dei sacrifici umani.
La barca sbagliata…
Con la zattera di balsa l’etnologo Thor Heyerdahl cercò di provare nel 1947 che la Polinesia fu colonizzata a partire dal Perù.
Il posto delle uova
La scogliera di Orongo, sul’Isola di Pasqua, con i disegni su pietra del rito per l’uomo-uccello. Questa carica era attribuita al rappresentante di clan che per primo riusciva a portare qui un uovo di sterna fuscata, che nidificava nelle isole sottostanti.
Forse i Polinesiani raggiunsero anche il Sudamerica. Infatti coltivavano la patata dolce, originaria di quel continente
Tutt’altro che pacifici
I Maori colonizzarono la Nuova Zelanda e annientarono i vicini Moriori. La scultura dai lineamenti aggressivi (sopra) e le danze eseguite ancora oggi (sopra a destra) mostrano quanto questo popolo polinesiano fosse bellicoso.
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