«Io vi capisco… sono dispiaciuto…
Solo per i metalli la morte non esiste;
invece un uomo, quando se ne andato,
neanche una caffettiera si può fare!»
era stato un cavallo spavaldo,
ma… ogni bella scarpa è uno scarpone
diventa con il tempo e con l’età.
Da giovanotto sembrava un’inglesino,
uno di quei cavalli ben addobbato
che portano a cavallo per il giardino
una signorina della nobiltà.
Pronto per uscire a zampe a terra,
scalpitava, gli usciva il fumo dalle narici,
faville da sotto i piedi, il fuoco! La guerra!
Si rivoltava tutta la Sanità
Ma… ogni bella scarpa e un scarpone,
con il tempo diventiamo tutti quanti;
venne pure il turno di Sarchiapone.
Questa è la vita! Non c’è niente da fare.
Triste vecchiaia. Che brutto destino!
Tutta la giornata sotto a una carretta
a caricare legname, pietre, vino.
«Cammina, Sarchiapone! Cammina ààh!».
Il carrettiere, infamo e disgraziato, con il bastone in mano dalla parte grossa,
con tutte le forze gliele dà sul costato
sopra la salita per farlo camminare.
Alla stalla lo aspettava Ludovico,
un asinello vecchio come lui:
per Sarchiapone questo era un amico,
compagno della stessa infamità.
Vicino tutti e due asino e cavallo
si facevano la lamentela della giornata.
Diceva l’asino «io ci ho fatto il callo,
mio caro Sarchiapone. Che ci vuoi fare?»
Io ti capisco, tu ti sei avvilito.
Su tutte le masnade del carrettiere,
e, specialmente, il nostro, è il più cornuto
che mai ci poteva capitare.
Sentimi bene e ascolta quello che ti dico:
la bestia umana è un animale ingrato.
Mi devi credere… parola di Ludovico,
che mi è venuto lo schifo di campare.
Noi siamo meglio di loro, te lo dico io:
abbiamo cuore in petto e sentimento.
Quello che l’hanno loro? A no, per Dio!
Nessuno di noi si sogna mai di farlo.
E quante dicerie ho sentito:
«La tale ha partorito nella nottata
una creatura viva e poi l’ha uccisa.
Questo una mamma asina non lo fa!».
«Tu che mi dici Ludovico bello?!
È vero il mondo è così fatto male?».
«E che ne vuoi sapere caro fratello,
non ti ho detto tutta la verità.
Tu sei cavallo, nobile animale,
e certe cose non le concepisci.
Io sono plebeo e so tutto il male
che ti combina questa umanità».
A queste parole il ricco Sarchiapone
disse: «Ludovico io non ci credo!
Io avevo un padrone un padrone
che era una dama, un angelo di bontà.
Mi accarezzava come un ragazzo,
mi dava la zolletta di zucchero a quadri,
spesso si consigliava con il garzone
(se io stavo buono) che dovevo fare».
«Embé! – disse l’asino – mi fai pena.
Ma come, tu non l’hai capito ancora?
Se l’uomo fa vedere che ti vuole bene
e per uno scopo… una fatalità
chi per una mano, chi per un’altra mano,
ognuno tira l’acqua al suo mulino.
Sono questi tutti i sentimenti umani:
l’invidia, l’egoismo, la falsità.
La prova è questa, caro Sarchiapone:
appena sei entrato nella vecchiaia,
per pochi soldi, come uno scarpone,
ti hanno venduto, e sei caduto qua.
Sotto a quello stesso carrozzino
il padroncino tuo a un altro cavallo
se li è comprati proprio stamattina
per percorrere per i sassi della città».
Il nobile animale non dormì
tutta la nottata, triste e con gli occhi umidi,
e quando dovette uscire sotto la carretta
gli mancavano le forze per tirare.
«Gesù che delusione ho avuto!» -
pensava Sarchiapone con amarezza.
«Sai che ti dico? La devo far finita,
in mezzo a questa gente che ci campo a fare?»
E camminando a bordo di un burrone,
chiusi gli occhi e mi buttai giù.
Volle azzerare il libro Sarchiapone,
e se ne andò dal mondo la verità.
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