lunedì 6 agosto 2012

IL BECCHINO

Il becchino

Io faccio il becchino di professione,
modestamente sono conosciuto
per tutte le case di questo rione,
perché quando maneggio una bara,
sono uno specialista di qualità.

Io ho modo, garbo e gentilezza.
Il morto in mano a me può star sicuro,
che non avrà uno sgarbo, una schifezza.
Io lo tratto come fosse una creatura
che dice al padre: «Me ne voglio andare a dormire».
E lo corico lungo, steso dentro ad una culla,
anche se è vecchio sembra un angioletto.
Il morto non ha età, è un ragazzo
che si è addormentato placido e tranquillo
un sonno dolce per l’eternità.

E il sonno eterno ha un vantaggio,
che se ti addormenti non ti svegli mai.
Capisco, per morire ci vuole coraggio;
ma quando quella viene tu che fai?
Non la mandi un’altra volta all’aldilà?

Quella non fa un viaggio inutilmente.
Quella non se ne va mai a vuoto.
Sei povero, sei ricco, sei potente,
in faccia a queste cose quella fa l’ignorante,
come uno sbirro che ti deve arrestare.

E se ti arresta… non ci stanno santi,
non ci sono ragioni da far presente;
te l’ho detto, quella fa l’ignorante…
Da questo orecchio, dice, io non ci sento;
e se non sente, tu che strilli a fa?

La morte, a volte, è come l’amnistia
che libera per sempre da tutti i guai
a qualcheduno qua, la parola mia,
sopra a questa terra non ha avuto mai
un poco di pace… una tranquillità.
E quante ne ho viste di cose brutte:
un morto ancora vivo dentro al letto,
una moglie che già teneva il lutto
preparato dentro ad un cassetto,
aspettando il momento de inauguralo.

E qualche ricco che lascia scritto:
«Io voglio un funerale di prima classe!».
E nella sua testa pensa di fare il dritto:
«Così mi confondo con la massa».
Ma lo sa, o non lo sa, che le lire le lascia qua?!

La morte è una, e i mezzi sono tanti
che tiene sempre pronta questa signora.
Però la più triste è «la morte ambulante»
che puoi trovare per la strada a qualsiasi ora
(come si dice?…) per fatalità.

Ormai per me il trapasso è un giocattolo;
è un passaggio dal sonoro al muto.
E quando si è spenta la lampadina
significa che l’opera è finita
e il primo attore se ne andato a dormire.

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