I Vallindi avevano il bagno in casa e i Fenici sono tra noi
Una cittadina di 40 mila abitanti: case di mattoni a due piani, appartamenti con bagno e acqua corrente, strade larghe (fino a 14 metri ), luoghi per la raccolta dei rifiuti, magazzini, una buona rete fognaria… Dove siamo? Vercelli? Chartres? Una cittadina del Midwest americano? Macché: siamo in Pakistan. Ma soprattutto “siamo” quasi 4 mila anni fa, in una delle capitali (Harappa e Mohenjo Daro) di un impero che fino a pochi decenni fa fa era sconosciuto. Morale: il passato può ancora stupirci e riservarci sorprese. Solo una piccola parte delle grandi civiltà che hanno fatto la storia dell’uomo hanno rivelato i loro segreti. Molte sono sparite senza lasciare traccia, o lasciandoci in eredità solo enigmi insolubili (i moai dell’Isola di Pasqua, i megaliti di Stonhenge, le linee di Nazca…). Frustante? Forse, ma anche affascinante: soprattutto oggi che, grazie a nuovi strumenti di indagine, siamo in grado di ricostruire il passato in modo molto più efficace: ne parlano tutti i libri di scuola, conquistarono il Mediterraneo, commerciarono con mezzo mondo… e poi? Che fine hanno fatto? La genetica e la linguistica hanno permesso di scoprire che i loro discendenti sono tra noi: in Libano ma anche in varie zone d’Italia. Se conoscete qualcuno di bassa statura, con naso aquilino, occhi un po’ obliqui, è molto probabile che sia un loro discendente.
Popoli dimenticati, regni millenari spazzati via dal tempo, rovine misteriose…
Sono gli enigmi veri o presunti che ci hanno lasciato le civiltà scomparse.
Il sogno si realizza
Martin Mystére e il suo assistente Java realizzano il sogno di ogni archeologo: svelare i segreti della civiltà scomparsa e dimenticata da millenni.
Per secoli rovine e misteri del passato sono stati terreno di caccia di avventurieri in cerca di tesori. Oggi l’archeologia è una scienza
L’uomo subisce da sempre il fascino misterioso delle civiltà scomparse. Perché? L’abbiamo domandato a un archeologo un po’ particolare, Martin Misére, il “detective dell’impossibile” protagonista ormai ventennale serie di alibi a fumetti che racconta le sue strabilianti spedizioni, tra giungle inestricabili e deserti infuocati.
Perché l’uomo è così attratto dai regni scomparsi?
«Chi, come me, ama frequentare antiquari e mercatini, conosce bene il fascino che esercitano le cose del passato. Ogni oggetto racchiude una storia, suscita domande, nasconde il mistero. Se poi l’oggetto è un reperto proveniente da un luogo in cui migliaia di persone vissero, lavorarono, amarono e soffrirono prima di scomparire per sempre dalla storia, le emozioni si moltiplicano».
Un fascino legato anche ai luoghi remoti in cui si scoprirono le tracce di queste antiche civiltà…
«Certamente. Di solito sono luoghi difficili da raggiungere, in territori ostili, come le fitte foreste che avvolgono le città dei Maya e degli Aztechi, o le vette su cui sono arroccate quelle degli Inca. Ad aggiungere mistero al mistero, questi luoghi sono spesso circondati da dicerie. Proprio alcune di queste leggende diedero il via alla ricerca di molti di questi luoghi come Machu
Picchu. E non è un caso che molte civiltà scomparse del passato siano state riscoperte in tempi relativamente recenti, dopo che muoversi è diventato più facile. Solo da un aereo, per esempio, è possibile individuare tracce di antiche strade. E quando esse si incrociano in un punto preciso, che magari oggi è in mezzo al deserto, si può essere quasi certi che in tempi remoti lì sorgeva un paese o una città»
Il fascino dei mondi perduti è un’esclusiva dei tempi moderni o no?
«Nel II secolo lo scrittore greco Luciano di Samòsata scrisse Una storia vera, forse il primo racconto di fantascienza. Il suo protagonista viaggia nello spazio, si imbatte in popolazioni extraterrestri e combatte “guerre stellari”. Luciano dice esplicitamente che si tratta di invenzioni, ma al suo tempo le terre sconosciute con insoliti abitanti erano evidentemente già un genere letterario. Nel Medioevo circolava la leggenda del ricchissimo regno di Prete Gianni ed erano diffusi resoconti di viaggio come quello di John Maundeville (XIV secolo): narrazioni fantastiche spacciate per autentiche, basate sul presupposto che le vaste distese inesplorate fossero zeppe di creature quali i Wak-Wak, un albero che avrebbe frutti umani».
Diario di scavo
Il deposito delle mummie
Dovendo passare da una in un’altra tomba, traversai un passaggio (…) dove le mummie erano ammucchiate in modo che non restava che lo spazio della larghezza del corpo, e a ogni istante il mio volto era a contato con quello d’un antico egiziano.
Giovanni Battista Belzoni
Tebe (Egitto), 1825
E tra i posti fantastici c’era Atlantide…
«Ancora oggi c’è chi cerca il “continente perduto” descritto da Platone nel IV secolo a.C..
È un argomento che ha dato spunto a saggi, romanzi, film, fumetti. In Internet i termini “Atlantide”, “Atlantida” e “Atlantis” (il nome del continente perduto nelle principali lingue occidentali) compaiono più di 10 milioni di pagine. E il libri che ne parlano sono oltre 25 mila. Forse il mito di Atlantide fu ispirato da un cataclisma reale, o forse Platone voleva solo fare un po’ di filosofia (in fondo era il suo mestiere) e descrivere una civiltà ideale. Proprio come fecero altri dopo di lui».
Quali sono invece i misteri delle civiltà sicuramente scomparse?
«I principali riguardano per lo più le cause della loro fine o del loro improvviso declino: perché gli abitanti di Angkor hanno abbandonato una città che contava più abitanti di Parigi? Che cosa distrusse la città Mohnenjo Daro, nella valle dell’Indo, oltre 3 mila anni fa? O, per restare più vicino a noi, che fino hanno fatto i popoli italici, come gli Etruschi».
Tra gli enigmi insoluti, quali sono i più integranti?
«Forse quelli legati alle antiche lingue. Chissà perché ci si aspetta sempre che un testo non ancora decifrato nasconda qualche segreto sconvolgente. E invece, magari, il misterioso disco di Festo scoperto a Creta nasconda una ricetta per preparare lo tzatziki, la tipica salsina greca, e le tavolette nongorongo dell’Isola di Pasqua sono un banale regolamento condominiale poterla studiare: è un p0ò come pretendere di imparare l’italiano leggendo le lapidi di un cimitero. Non ci resta che sperare che da qualche parte, in attesa di essere scoperto, sia sepolto un dizionario latino-etrusco o una grammatica etrusca».
Alcuni danno risposte per lo meno curiose…
«Archeologi e storici rispondono con razionalità a questi interrogativi, ma spesso le ipotesi di fantasia sono più suggestive. Per esempio, c’è chi pensa che Mohnejo Daro sia stata distrutta dallo Tvashar, la più potente delle armi usate da Rama per combattere contro Ravana, re di Lanka, lo dice il Ramayana, un poema epico indiano composto intorno al V secolo a.C., che la descrive come una moderna bomba atomica. Una spiegazione coerente per chi ritiene che in tempi lontani sulla Terra sia fiorita una civiltà evoluta, che si sarebbe poi autodistrutta dopo uno spaventoso conflitto nucleare. O per chi è convinto che la nascita stessa delle grandi civiltà o l’edificazione di opere ciclopiche come le piramidi sua da attribuire all’intervento di visitatori giunti dallo spazio».
Ma forse, interpretando un’iscrizione, si potrebbe scoprire un tesoro…
«Il desiderio di trovare ricchezze nascoste fu in passato la molla che spinse molti scopritori di civiltà scomparse. La figura dell’archeologo-scienziato
è relativamente recente: fino alla fine dell’Ottocento si confondeva con quella dell’esploratore e dell’avventuriero.
Del resto i cercatori di tesori esistono anche oggi. In Italia c’è chi cerca ancora il tesoro di Alarico, scomparso dopo il sacco di Roma del 410, o, per tornare agli Etruschi, quello celato nel “labirinto di Porsenna”, un luogo in cui si sono perse le tracce fin dai tempi di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), che ne parlò pur ammettendo di non averlo mai visto. Secondo la tradizione, si troverebbe presso Chiusi, in Toscana.
«Eppure qualche volta dietro alle leggende c’è un fondo do verità. La città etrusca di Spina, sull’Adriatico, fu individuata solo nel 1922, anche se della sua esistenza si era discusso per 2 mila anni».
Quali sono state le scoperte più emozionanti dei “detective” dell’archeologia?
«Possiamo solo immaginare l’eccitazione di Heinrich Schliemann quando trovò il tesori di Priamo proprio dove lui – un archeologo dilettante – aveva ipotizzato che fosse dopo aver studiato i testi di Omero. O la sorpresa del pilota che, volando sull’altipiano di Nazca in Perù, scoprì che la pianura era costellata da enormi disegni, visibili solo da alta quota. O, ancora, il brivido di Howard Carter quando aprì la tomba del faraone Tutankhaman sfidando la presunta maledizione».
E quelle di Martin Mystère?
«Può sembrare strano, ma per provare il fascino della scoperta basta girare l’angolo. Qualche tempo fa, mentre rientravo a casa in auto, anziché voltare a sinistra come sempre, ho proseguito distrattamente lungo una strada senza uscita, che dopo qualche decina di metri finiva – o almeno sembrava – contro il terrapieno di una ferrovia. Ho invece scoperto che in realtà essa non si interrompeva, ma compiva una curva a gomito (che, per la conformazione del terreno, si poteva solo notare la distanza molto ravvicinata) e superava il terrapieno. Qui una breve galleria raggiungeva un piccolo quartiere semiabbandonato, con un paio di vecchie fabbriche, una cascina e una trattoria. Che ci crediate o no, questo luogo per me sconosciuto a due passi da casa e ignorato per decenni mi ha dato la medesima emozione delle rovine che io stesso ho visitato nel profondo della giungla, o di quelle che ho scoperto nascoste tra le dune del deserto».
Per saperne di più
Storie, luoghi e personaggi che hanno attraversato i millenni
Civiltà sepolte, C.W. Ceram (Einaudi). Un saggio avvincente come un romanzo alla scoperta dei luoghi dimenticati da millenni.
I detective dell’archeologia, a cura di C.W. Ceram (Einaudi). Le grandi scoperte archeologiche nel racconto dei protagonisti.
Il libro dei luoghi misteriosi, Enzo Bernaridni (De Agostini). Gli enigmi del passato.
Antiche civiltà, (Fabbri). In 3 volumi, le civiltà precolombiane, quelle dell’Asia e dell’Estremo Oriente e quelle del Medio Oriente.
Il libro degli antichi misteri, P. James e N. Torphe (Armenia). Un viaggio ben documentato negli enigmi della storia dell’umanità.
Antiche civiltà, (White Star). Uno dei tre volumi sul Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Un mondo senza colori
Martin Mystère scopre la città perduta degli Uomini grigi, dove l’uso del colore è fuorilegge.
Fantasmi di pietra
In tutto il mondo, imponenti costruzioni sono sopravvissute alle civiltà che le edificarono per adorare gli dèì o magnificare il potere
Genitori ingombranti
I moai, le teste di pietra che affollano l’Isola di Pasqua, sono alti anche 20 metri .
Rappresentano gli antenati, che con lo sguardo proteggevano gli antichi abitanti del luogo.
Martin Mistère, 62 anni ben portati, è un archeologo e antropologo esperto di civiltà scomparse. Nato negli Usa ma formatosi in Italia, si è misurato con gli enigmi che l’archeologia non ha ancora risolto. Per questo è soprannominato il “detective dell’impossibile”.
La fisica indaga a Teotihuacàn, la “città degli dèi”
Un rilevatore di particelle tenterà di svelare il segreto della Piramide del sole situata nell’antica città di Teotihuacàn , in Messico. L’obiettivo è quello di scoprire si trovi una camera mortuaria con le tombe dei re che circa 2 mila anni fa governavano la città.
La piramide del sole
Radiografia ai muoni.
Lo strumento, collocato nel tunnel che corre alla base della piramide, andrà a caccia di Muoni, particelle che si formano quando i raggi cosmici emessi dal Sole colpiscono l’atmosfera. Quando attraversano la materia, i muoni ne vengono in parte assorbiti. Contarli alla base della piramide, alta 65 metri , permetterà quindi di calcolare “quanta materia” c’è all’interno della costruzione e di capire se ci sono cavità che potrebbero ospitare le antiche tombe dei re.
L’impero dei huari in Perù nello stesso periodo dei tiahuanaco in bolivia. Entrambe le culture adoravano il “dio dei bastoni”
Giganti di pietra
Uno dei cerchi di pietre del sito di Callanish, eretti attorno al 1800 a .C. Secondo una leggenda locale, le pietre sono giganti punti per non aver accettato il cristianesimo.
Tramonto andino
I geoglifi, enormi figure tracciate nei deserti rocciosi, venivano fatti scrostando il terreno o accumulando pietre lungo i contorni
Divinità sdraiata
“Il gigante” di 86 metri di Cerro Unita, nel deserto di Atacama, è il geoglifo (disegno in terra) più grande del Cile. Simile alle linee di Nazca in Perù, ha circa mille anni.
La porta ha trascolato
Oggi si trova al museo Pergamon di Berlino.
Piramidi del sud
Il sito di Meroe, colonizzato a partire dal VI secooo a.C. dai nubiani del regno di Kush, provenienti da nord. L’architettura fu influenzata da quella egizia.
Bello ma finto
Il palazzo di Cnosso, centro del potere della civiltà minoica a Creta. Il sito fu ricostruito all’inizio del ‘900 da Arthur Evans, l’archeologo che lo scopri.
Etruschi, Liguri, Dauni, Piceni, Bruzi, Elimi… L’Italia che si affacciava alla Storia era un caleidoscopio di popoli
Nonni d’italia
Per secoli il nostro Paese fu abitato da una straordinaria varietà di genti. Che finirono travolte dall’ascesa di Roma
Dèmoni custodi
L’entrata di una delle circa 150 tombe etrusche nella necropoli di Tarquinia (Vt), protetta dallo sguardo dei dèmoni Caronte e Vanth. Gli Etruschi furono la più avanzata civiltà italica prima che Roma ne raccogliesse l’eredità.
Nessun commento:
Posta un commento