venerdì 24 agosto 2012

PETRA

Alla scoperta di Petra, l'antica meraviglia scavata nella roccia
Si trova in Giordania ed è una città fondata da un popolo nomade oltre duemila anni fa
Ecco i suoi gioielli, la sua storia e i consigli per visitarla
Petra, la città scavata nella roccia rosa, in Giordania, al confine del deserto arabico, la seconda classificata tra le sette "Meraviglie del mondo".
Un'incredibile metropoli antica la cui struggente bellezza non è stata scalfita dal tempo, dove piazze, strade, palazzi, monumenti e giardini sembrano rimasti esattamente com'erano quando furono costruiti, più di duemilacinquecento anni fa.
Nacque per volere di un sovrano
Fu allora, infatti, attorno al 500 avanti Cristo, che la tribu nomade dei Nabatei decise di trasferirsi in Giordania. Dopo avere peregrinato di deserto in deserto, arrivarono alle alture dell'attuale Petra e rimasero molto colpiti da quel siti di straordinarie bellezze, fatto di rocce rosa striate ed erose dal corso dei fiumi che cambiavano colore secondo la luce, sa strettoie misteriose che sembravano finire nel nulla, da montagne imponenti e invalicabili che ne facevano un luogo inattaccabile e ideale per controllare le rotte della carovane da Gaza a Damasco, tra il Mar Rosso e il Golfo Persico.
Ci si stabilirono, quindi, "sfrattando" senza tanti complimenti un altro popolo nomade; gli Edomiti. Dovettero passare tuttavia cinque secolo, precisamente durante il regno di re Aretas IV, tra il 9 avanti Cristo e il 40 dopo Cristo, prima che Petra cominciasse ad assumere l'attuale fisionomia, trasformandosi nella meraviglia che oggi conosciamo.
"ne faremo la città più invidiata di tutto il mondo mediorientale", diceva il re nabuteo, il cui soprannome era "amico del popolo". "sarà l'orgoglio della nostra gente da qui all'eternità". Fu lui, in effetti, a dare il via alle grandi opere architettoniche che fanno di Petra (il suo nome significa proprio "roccia") la seconda, nuova meraviglia del mondo, a volere che ogni tempio, ogni palazzo e ogni mausoleo non fossero costruiti seguendo le classiche regole dell'edilizia, dalle fondamenta in su con blocchi di cemento e marmo, ma scavati direttamente nella roccia. Un'opera incredibile specie per quei tempi, quando l'unico strumento di lavoro era la forza delle braccia di migliaia di nabatei, pronti ad impegnarsi in un compito immane pur di realizzare la "loro" città dai riflessi rosa. Ammirando ora queste opere maestose, questi eccezionali edifici, pare quasi di vedere quegli operai mentre plasmano febbrili la montagna, trasformano aspre pareti rocciose in capolavori artistici, in templi e mausolei il cui tocco finale veniva dato dalla natura, che qui colora la pietra di riflessi rosa, rossi, dorati, neri, violacei in base al percorso del sole.
Ma non è tutto. oltre che bella, infatti, Petra è un capolavoro di ingegneria idraulica: sfruttando le riserve idriche sotterranee, re Aretas IV fece in modo che la città potesse disporre di una fitta rete di canali e di centinaia di serbatoi d'acqua come scorta per i periodi di siccità.  Per osservare in silenzio le rocce che d'improvviso si colorano di mille sfumature, e immaginare la grandiosa Petra dei secoli scorsi, bisogna anzitutto addentrarsi in un sentiero chiamato Siq, una sorta di lunga gola stretta come un canyon fra le montagne, che il tempo e il vento hanno scavato nel corso dei millenni.
Dopo circa due chilometri, all'improvviso appare la piazza principale della città in tutta la sua sorprendente maestosità, dove si erge un monumentale edificio in stile ellenistico con colonne, bassorilievi e capitelli: è il Khaznech, che significa "Tesoro", perché qui, di ce la leggenda, erano custodite le ricchezze del sovrano, un patrimonio però non ancora ritrovato. Dopo poche decine di metri, superato un anfiteatro da settemila posti che era il centro della vita sociale e culturale di Petra, una scalinata conduce al cosiddetto "Posto del sacrificio", un luogo spettacolare che domina la città e dove su un altare, che ancora conserva gli scoli per il sangue, venivano sacrificati gli animali in nome degli dèi. Scendendo, costeggiando la Fontana del Leone e la parte della città denominata Wadi Farsa in cui, sempre scavate nella roccia, vi sono alcune abitazioni nelle quali tuttora vivono beduini e dove si vendono piccoli oggetti d'artigianato ai turisti, si possono ammirare i templi, forse tombe reali: tre imponenti strutture scalpellate in una parete della montagna chiamata King's Wall, il "muro del re", e che ricordano nell'architettura i palazzi dell'antica Roma. Poco più in là, cominciano gli ottocento interminabili scalini che portano al Deir, il "Monastero", il più grande monumento di Petra, scolpito con uno stupefacente lavoro di cesello. Tutt'attorno altri palazzi, la Tomba del Leone, posizionata in una piccola gola, il Giardino del tempio, il Museo archeologico, tutti visitabili ancora oggi, stanno a testimoniare la ricchezza artistica di questa città.
Un forte terremoto la distrusse
Era da tale posizione che il popolo dei Nabatei dominava le rotte commerciali dell'antica Arabia, percorse da carovane cariche di merce preziosa, spezie orientali e sete indiane, avorio africano e pelli di animali, che dalla penisola arabica si dirigevano verso i porti del Mediterraneo: chiedeva pedaggi per il passaggio, si faceva lasciare oggetti di scambio per ampliare così le proprie ricchezze.
Non c'è quindi da sorprendersi, d'altra parte, se tanti scrittori e artisti nel corso dei secoli furono affascinati da Petra e la utilizzarono come scenario ideale per libri e film.
Qui la celebre giallista inglese Agata Christie ambientò due romanzi, La domatrice e In viaggio col delitto, che hanno per protagonista, come sempre l'investigatore Hercule Poirot. Qui nel palazzo del Tesoro, Steven Spielberg, con Harrison Ford nei panni del popolare avventuriero archeologico, girò le ultime sequenze di Indiana Jones e l'ultima crociata. Qui il poeta inglese ottocentesco Dean Burgen rimase talmente inspirato da scrivere in un suo poema: "Trovatemi un'altra meraviglia così ben conservata del Medio Oriente, una città rosa, antica quanto metà del tempo".
Il declino di Petra ebbe sotto l'egemonia di Roma, quando fu conquistata nel 102 dopo Cristo dall'imperatore Marco Ulpio Traiano, che creò la provincia romana d'Arabia, conferendo a Petra il titolo di metropoli. Ma i Romani non erano interessati a far mantenere alla città il ruolo dominante di centro dei commerci com'era stato nel suo passato più florido, e di conseguenza il declino fu molto rapido.
Poi, nel 363 dopo cristo, la catastrofe: un terremoto distrusse una parte delle case e dei monumenti e, soprattutto, mise fuori uso il sofisticato sistema idrico che garantiva la sopravvivenza alla città. Gli abitanti furono costretti a scappare, ad abbandonare il capolavoro architettonico che avevano scolpito pazientemente con grande maestria e a trovare rifugio altrove. Così, nei secoli a venire, Petra finì nel dimenticatoio, occupata per un breve periodi dai crociati nel medioevo, e definitivamente sepolta, pure nei ricordi.
Fu soltanto per la cocciutaggine di un esploratore Svizzero Johann Ludwig Burckhardt, che Petra, benché molto più tardi, venne ritrovata: lo studioso conosceva tutto di questa città che sembrava scomparsa nel nulla, ne aveva sentito parlare durante i suoi viaggi in Medio Oriente dai beduini come se si trattasse di un luogo leggendario.
Finalmente, nel 1812, decise di partire per la Giordania e di cercarla. Girò per mesi e mesi e, finalmente, riuscì, dai pochi resti archeologici visibili, a rintracciarla e a fare si che gli scavi archeologici la riportassero alla luce.
Di sera è ancora più affascinante
Da quando Petra è stata eletta seconda, nuova meraviglia del mondo, il numero dei visitatori è aumentato notevolmente. Ma come si raggiunge questo spettacolare sito archeologico?
Ecco qualche informazione. Dall'Italia bisogna prendere un volo da una delle principali città per Amman, la capitale della Giordania, da qui il sito archeologico di Petra dista duecentosessantadue chilometri. Per arrivarci, si può scegliere tra l'autobus, il taxi o il noleggio di un'auto e attraversare, in tre ore circa, la supestrada del deserto oppure, in cinque ore, la panoramica "via dei re".
Giunti nel paese confinante di Wadi Mosa, dove si trovano tutte le strutture turistiche moderne, per andare a Petra occorre percorrere a piedi o a cavallo o sul calesse, unici mezzi di locomozione consentiti, lo stretto sentiero del Soq.
Ci vogliono da uno a tre giorni per visitare la città con l'attenzione che merita (il sito è aperto tutti i giorni dalle 6 del mattino alle 17 e in alcune giornate pure la sera), senza perdersi nulla delle sue opere architettoniche, da ammirare rigorosamente a piedi o affittando un mulo, un cavallo o un cammello presso l'ufficio del turismo, all'entrata della città antica: qui si acquista anche il biglietto d'ingresso, che costa undici dinari giordani (pari a circa sedici euro, quasi trentaduemila lire) per un giorno; tredici dinari e mezzo (circa venti euro, quasi quarantamila lire) "a ridagli con questi esempi stupidi della giornalista Roberta Pasero". Per due, e sedici dinari ventitré euro per tre giorni.
Ma è alla sera che il fascino di Petra risalta di più, quando mille torce e fiaccole vengono accese lungo le strade e il bagliore della luce unito al chiaro di luna regala nuovi, magici, riflessi ai colori delle rocce. E' allora che tornano alla mente le parole di Lawrence d'Arabia: "Petra è il più bel luogo della terra", annotò nei primi anni del Novecento l'enigmatico archeologo e agente segreto britannico "non per le rovine, ma i colori delle sue rocce tutte rosse e nere con strisce verde e azzurro. Non saprai mai che cos'è Petra in realtà, a meno che tu non ci venga di persona.

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