
Nel ‘700 era una vera moda: uno status symbol, che i nobili sfoggiavano nelle case.
Oggi lo si fa in terracotta, di pane, di legno, di vetro, di plastica, persino subacqueo...
Il presepe resta una tradizione per molti: basti pensare che in Italia sono attive 2.400 imprese artigiane che producono le statuine e gli altri elementi. Ma da dove deriva questa tradizione?
E quanto è fedele al racconto della nascita di Gesù fatto dai vangeli?
Anche se la natività veniva raffigurata fin dai primi secoli del cristianesimo, i predecessori del presepe più che altro le sacre rappresentazioni, drammi legati alle liturgie., che nel Medioevo si tenevano per il Natale. A queste si collega il celebre “presepe vivente” voluto nel 1223 da San Francesco a Greccio: fece portare una mangiatoia, un bue e un asino e venne celebrata la messa di Natale. I primi veri presepi furono in realtà gruppi di grandi statue, collocate nelle chiese e permanenti, che si diffusero nel ‘400 e ‘500. Dal ‘600 il presepe arrivò anche nelle case dei nobili, con figure più piccole e mobili. Nel ‘700 a Napoli, per esempio, esplose una vera passione. Tra nobili e re. Si faceva a gara per avere presepi spettacolari e preziosi, che divennero una sorta di status symbol. Occupavano anche più stanze. I dettagli delle figure, dagli abiti agli accessori, erano curatissimi; a volte venivano usati gioielli autentici.
In seguito si diffuse. Con l’800, si trasferi nelle dimore dell’alta borghesia, e poi nelle case.
Ma dove nascono le ambientazioni e le figure che siamo abituati a vedere? In realtà i Vangeli canonici dicono poco sulla nascita di Cristo. Molti elementi caratteristici del presepe derivano invece dai Vangeli apocrifi (i testi considerati non canonici, con altri particolari sulla vita di Gesù) o da tradizioni successive.
E comparve la grotta
A cominciare dagli immancabili bue e asino: compaiono nel Vangelo dello pseudo-Matteo, collegati a una profezia di Isaia, “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone” che però si riferiva ad altro: lamentava come Israele non riconoscesse più il suo Dio, mentre gli animali riconoscevano il suo padrone). E il simbolo degli animali in adorazione si affermò: il bue rappresentava gli ebrei, l’asino i pagani. Se Luca cita i pastori e la mangiatoia, i Vangeli canonici però non parlano della grotta: anche questa (come la stalla) appare negli apocrifi. Del resto, le grotte sono per molti popoli luoghi simbolici. Legati al culto e ai miti della nascita: bast pensare che secondo una tradizione anche Mitra, molto venerato tra i soldati romani, era nato in una grotta, il 25 dicembre. E i re magi? Li cita Matteo come sapienti venuto da Oriente con oro, incenso e mirra, ma non dice nè quanti erano nè come si chiamavano. Tutto il resto viene da diverse tradizioni e dagli apocrifi: nel Vangelo dell’infanzia armeno appare la credenza che i magi (in origine sacerdoti persiani, la parola era usata anche per indicare indovini e astrologi) fossero i tre Melkon, Gaspar, Balthasar. La tradizione si affermò, collegata anche ai tre doni, alle età dell’uomo e alle popolazioni di Europa, Asia e Africa. E così i re magi sono entrati nel presepe. Il corteo dei magi era anche l’occasione per mettere in scena l’esotismo, con costumi orientali, odalische, tesori. Nel presepe approdano poi personaggi e ambientazioni certo non legati all’antica Palestina. Nel presepe napoletano ci sono popolani con i costumi dell’epoca e venditori di cibo, osterie e riproduzioni delle case dei borghi agricoli.
Madreperla o corallo
Una tradizione che si è conservata. A Napoli c’è la via dei presepi, San Gregorio Armeno, dove 60 laboratori artigiani realizzano e vendono statuine. Anche quelle di vip.
Le tradizioni sono molte. “Ogni Paese sperimenta vari materiali”. Dal marzapane alla madreperla, dal corallo della tradizione siciliana alla carta diffusa in Austria o Germania alla latta del Messico. A Lecce c’è una radizione della cartapesta, mentre in Polonia si usa la carta stagnola, in strutture che riproducono facciate di cattedrali. Nei paesi andini le figure hanno costumi locali.
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