

Una leggendaria Passio del VI secolo narra le gesta di una giovane martire cristiana di nome Vittoria “la vincitrice” e di una sua cugina, Anatolia, a lei legata da una simile sorte, come ricorda il mosaico della Chiesa di S. Apollinare Nuovo di Ravenna (nella foto) che le raffigura insieme. Si racconta che Vittoria, nata a Roma intorno al 230 d.C. da nobile famiglia , a 20 anni venne promessa in moglie al patrizio Eugenio, ma la vicinanza di Anatolia, che poco prima aveva rifiutato il matrimonio per consacrarsi “vergine di Cristo”, la convinsero a fare altrettanto e a vendere la propria dote per donarne il ricavato ai poveri. Infuriati per i rifiuti e la perdita dei beni, i fidanzati delle due decisero di esiliare le fanciulle in Sabina: Vittoria a Trebula Mutuesca (oggi Monteleone) e Anatolia a Thiora (Tora), non denunciandole alle autorità romane, sperando ancora in un ravvedimento. Ma le giovani restarono salde nella fede nonostante la prigionia, le privazioni e i maltrattamenti. Un giorno si presentò da Vittoria Domiziano, signore di Trebula, supplicandolo di aiutarlo a liberare la zona da un terribile drago che alitando da una caverna, uccideva uomini e animali. Lui stesso aveva dovuto trovar riparo nel folto di una foresta. La futura santa accordò il suo aiuto chiedendo in cambio la conversione di Domiziano e di tutti gli abitanti della regione alla fede cristiana.
Si recò così alla caverna del drago e intimò in nome di Dio alla belva di fuggire il più lontano possibile. E quella ubbidì.
Il tripudio di popolo per Vittoria spinse Eugenio esasperato a denunciarla. Si presentò allora un emissario del Pontefice del Campidoglio che intimò alla giovane di adorare la statua delle dea Diana. Vittoria oppose un netto rifiuto e subito (come già Anatolia) fu trafitta a morte da una spada. Era il 18 dicembre 253. Pochi giorni dopo, il 23 dello stesso mese, poi divenuto sua ricorrenza liturgica, le spoglie di Vittoria deposte nella caverna da lei liberata, dove sorgerà la basilica di Monteleoni.
Il culto molto vivo in Sabina si diffuse poi nelle Marche specie a Fermo, e da lì nel Basso Salento dove a Spongano (Le) ogni anno il 22 sera si è soliti addobbare il paese con le Panare, ceste intrecciate di foglie di palma ricolme di sansa, che vengono fatte lentamente bruciare per tutta la notte creando un effetto altamente suggestivo.
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