In tutto sono cinque pagine e mezzo formato protocollo, che nell'agosto 1797 hanno praticamente ridisegnato l'Europa dal Belgio all'Albania. E' il Trattato di Campoformido
(Tratè del Pix Entre la Rèpublique Francaise et l'Empereur, Roy de Boheme et de Hongrie conclu à Campo-formio, pres d'Udine en Italie, le 17. 8. 1797 sottoscritto da Napoleone e dal plenipotenziario dell' Imperatore del Sacro Romano Impero, Francesco I, che sancì il passaggio al grande corso del dominio su Belgio, Paesi Bassi e Milanese in cambio di Venezia e terraferma, Istria, Dalmazia e isole.
Pochi fogli di carta che, però, sconvolsero il continente, decretando tra l'altro la fine della Serenissima Repubblica. Da qualche giorno la copia del documento che Napoleone spedì alla Villa Manin di Passariano - dove alloggiava da un paio di mesi al termine della campagna d'Italia - al Direttorio a Parigi, è esposta, assieme agli allegati che completavano il trattato e ad una mappa dei nuovi confini all'altezza di Verona e del Garda, nella camera - detta appunto di "Napoleone" - al primo piano della dimora friulana dell'ultimo Doge, Ludovico Manin. Il documento-di cui però il pubblico può vedere solo la prima pagina, essendo chiuso in una bacheca (suggeriamo agli organizzatori la fotocopiatura e l'esposizione delle sconvolgenti pagine interne, dove in poche righe si sancisce il destino di tanti popoli) - esce a quanto pare per la prima volta dalla Francia, come pure, di certo, escono per la prima volta dal Ministero della difesa di Parigi i bozzetti e i successivi acquerelli (esposti nella sala accanto) con cui Giuseppe Bagetti, un ingegnere già al servizio dei Principi di Savoia, ma che abbracciò la causa del generale francese non appena questi valicò le Alpi, disegnò meticolosamente l'ambiente in cui si sono svolte e gli schieramenti contrapposti nelle battaglie di Anghiar, Lavis, Primolano, Rivoli e del Tagliamento (all'altezza dell'attuale ponte della Delizia che attraversa il fiume sulla direttrice (Pordenone- Udine), quest'ultima "ripresa" dal campanile di Valvasone. Sono, queste, fra le ultime "chicche", per così dire, andate ad arricchire la grande mostra "Splendore di una dinastia - L'eredità europea dei Manin e dei Dolfin".
L'arrivo di Napoleone Bonaparte ha praticamente l'inizio della fine per la "dinastia" dei Manin, il cui ultimo erede vive oggi nella casa di riposo di Codroipo, ricco solo delle memorie di un casato che a partire dal 1300 ha lasciato un segno indelebile in Friuli e a Venezia. Proprio per questo, i documenti napoleonici sono stati collocati nella parte conclusiva della mostra. Ma, da pochi giorni un'altra rarità è giunta ad accrescere l'interesse per questa esposizione, il cui scopo è quella di raccontare con documenti e immagini il periodo aureo delle due famiglie friulane.
Si tratta dell'unico esemplare esistente di una moneta d'oro, del valore di 105 zecchini, coniati in onore del Doge Ludovico Manin, e prestata per questa occasione dal British Museum di Londra. (I "chiarori" del Settecento nella decadenza della stato veneto segnano in Friuli una stagione fervida di commesse artistiche, e un rinnovato rapporto tra la capitale e le terre della "Patria", come del resto tutta la terraferma disposta ad accettare una superiorità del modello "artistico", ma sempre più riluttante a subire una condizione politica di assoluta sottomissione nei confronti della "Dominante", ormai incapace di riformare un sistema che cambierà solo con l'abdicazione della sua aristocrazia nel 1797.
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